“Chi l’ha detto che i cartoni animati sono per bambini?” Questa è la domanda che verrebbe spontanea stando ai risultati di uno studio di un team di ricercatori dell’Università di Ottawa, pubblicato sul British Medical Journal. Certo non si può dire che la loro sia stata un’indagine noiosa! E i risultati sono quantomeno interessanti.
Dopo aver attentamente passato in rassegna i film d’animazione di maggiore successo nella storia del cinema (da Biancaneve e i sette nani del 1937 a Frozen, il regno di ghiaccio del 2013) è stato constatato che nei cartoon si ha un rischio 2,5 volte maggiore di assistere a scene in cui muore uno dei protagonisti rispetto ai film per gli adulti. In particolare, i personaggi più sfortunati sono i genitori dei protagonisti, che hanno una probabilità di morte cinque volte superiore rispetto ai film per adulti (come non ricordare il momento strappalacrime in Bambi?).
Naturalmente, come sottolineano i ricercatori, le cause che portano alla morte di un personaggio sono diverse nei film e nei cartoon. Nei lungometraggi per adulti le cause più frequenti sono cadute e defenestrazioni (33%) o armi da fuoco (14%), mentre nei cartoni animati prevale l’attacco da parte di animali feroci.
Su questo tema si è espressa la dottoressa Anna Oliviero Ferraris, psicologa e psicoterapeuta, direttrice della rivista Psicologia Contemporanea: “Il problema è che per chi produce i film non c’è differenza tra un bambino di tre anni e uno di dieci, mentre le reazioni sono diverse. Una scena in cui muore un genitore può traumatizzare molto i bimbi sotto i sette anni, lasciando dei segni in quelli più sensibili”. E ancora: “Un bambino piccolo spesso non riesce a collegare le scene più crude con il lieto fine, gli rimangono impresse solo quelle che suscitano le emozioni più forti. Negli altri paesi, soprattutto nel nord Europa, si fanno molte valutazioni anche con gli esperti prima di autorizzare la visione di un film ai bambini, da noi invece tutto è lasciato al mercato”.
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