Studente dodicenne con un coltello nello zaino: il problema della sicurezza nelle scuole

25 febbraio 2025 –

Un recente fatto di cronaca a Bolzano ha riportato al centro dell’attenzione il problema della presenza di armi a scuola.

Un ragazzo di soli dodici anni si è presentato in classe con un lungo coltello, scatenando immediatamente allarme tra compagni di scuola, genitori e personale scolastico. La gravità dell’episodio non sta solo nel gesto in sé, ma nel segnale preoccupante che lancia riguardo a un fenomeno più ampio: il dilagare della percezione di insicurezza e la diffusione, anche tra i giovanissimi, dell’idea che armarsi possa essere una forma di difesa personale.

Gli episodi di violenza nelle scuole

Non appena il coltello è stato notato, insegnanti e genitori hanno subito avvisato la vicaria dell’istituto, che ha allertato i Carabinieri. Giunti sul posto, i militari hanno provveduto a farsi consegnare l’arma dal ragazzo, mettendolo in sicurezza e impedendo qualsiasi ulteriore rischio per lui e per gli altri studenti. Il dodicenne, data la sua età, non è imputabile, ma è stato segnalato alla Procura per i Minorenni con l’ipotesi di reato di “porto abusivo di armi”.

Questo fatto richiama facilmente alla memoria i numerosi episodi di violenza nelle scuole: se negli ultimi decenni era stato un fenomeno soprattutto americano, le stragi perpetrate nelle scuole, spesso ad opera degli stessi studenti, sono accadute anche in Europa. L’ultima in Finlandia, dove un ragazzo di 12 anni ha attaccato alcuni suoi coetanei e ucciso un ragazzino.

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Perché i giovanissimi si armano?

Il tema dell’uso di armi tra i minori non è purtroppo nuovo, ma acquisisce contorni sempre più allarmanti. Spesso i ragazzi, anche appartenenti a contesti familiari apparentemente tranquilli, affermano di portare con sé un coltello “per difendersi”. Questo rivela una percezione di insicurezza così marcata da spingerli a cercare una protezione violenta anziché affidarsi agli strumenti di mediazione offerti dalla scuola o dalla comunità.

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Le ragioni alla base di tale fenomeno possono essere molteplici: un contesto sociale difficile, episodi di bullismo, la mancanza di un solido riferimento educativo o l’influenza di modelli mediatici che trivializzano la violenza. In qualunque caso, è fondamentale che le istituzioni scolastiche, i genitori e i servizi socio-educativi affrontino il problema in modo condiviso, aiutando i ragazzi a comprendere che l’uso di armi non è mai la soluzione.

L’ipotesi dell’installazione di metal detector negli istituti

L’episodio di Bolzano si aggiunge a una lista di casi simili che hanno portato alcune scuole a valutare l’installazione di metal detector all’ingresso. In una scuola di Napoli, il 22 gennaio scorso, i dirigenti hanno deciso di introdurre controlli più rigidi, con l’ausilio di metal detector, poliziotti e cani antidroga. L’obiettivo è quello di disincentivare il trasporto di oggetti pericolosi e di dare un segnale di tolleranza zero verso qualsiasi forma di violenza o minaccia all’interno delle aule.

L’idea di adottare metal detector, tuttavia, non è esente da polemiche. Da un lato, alcuni sostengono che misure così rigide possano far sentire gli studenti “sotto assedio” e rischiare di danneggiare il clima di fiducia che dovrebbe regnare in un luogo educativo. Dall’altro, di fronte ai crescenti episodi di violenza, diversi dirigenti scolastici, come la preside di un istituto a Ponticelli (Napoli), hanno più volte richiesto un intervento concreto delle forze dell’ordine e l’introduzione di sistemi di controllo negli istituti. La questione, dunque, è molto delicata: da un lato la necessità di sicurezza, dall’altro la volontà di preservare un ambiente accogliente che non trasmetta eccessiva diffidenza.

La voce della preside di Ponticelli e il confronto sulla sicurezza scolastica

L’appello della dirigente scolastica dell’Istituto Tecnico-Tecnologico “Marie Curie” di Ponticelli, è stato ascoltato e infatti a fine gennaio nell’istituto sono stati disposti controlli degli zaini degli studenti anche con cani antidroga. La dirigente aveva più volte sottolineato come la diffusione di armi tra i giovani riguardi diversi ambienti sociali, anche quelli considerati “insospettabili”. Nelle sue parole emerge una preoccupazione profonda: i ragazzi si uniformano a una tendenza in cui la violenza appare come l’unico modo per proteggersi.

Da qui la sua decisione di chiedere con insistenza l’installazione di metal detector e di incrementare i controlli delle Forze dell’Ordine, non solo per quanto riguarda il possesso di armi, ma anche per altri problemi, come lo spaccio di sostanze stupefacenti. Il suo appello, inizialmente contestato, è stato poi accolto: un intervento che riflette la gravità della situazione e la necessità di prendere provvedimenti eccezionali per salvaguardare la sicurezza degli studenti.

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