Quando le notizie si diffondono via web assumono una eco di grande portata. Così è accaduto per la vicenda del piccolo Gammy, gemellino abbandonato perché affetto da sindrome down, e così accade ora per Leo, neonato di origine armena abbandonato dalla mamma, ma non dal suo papà. La cultura armena, infatti, ancora non accetta la nascita di un bambino con sindrome down. Chi partorisce un bambino con questo disturbo, nella maggior parte dei casi, lo abbandona in qualche istituto, al fine di cancellare la “vergogna” dalla famiglia.
Questo padre, quindi, ha deciso di crescere da solo il suo bambino, mentre la madre, forse costretta dalle circostanze, ha chiesto il divorzio dal marito. Fatti di cronaca quotidiana, ma cosa vuol dire veramente crescere un bambino down? Cosa comporta scegliere di portare avanti una gravidanza sapendo a cosa si va incontro?
Oggi giorno, almeno nel nostro Paese, le cose sono molto cambiate e la vita dei bambini down ha una qualità decisamente migliore rispetto a quella di un sessanetennio fa.
Crescere un bambino con sindrome di down significa fare i conti con un discreto ritardo nell’apprendimento, bisogna quindi mettere in conto che non sarà una strada in discesa, ma che molto, anzi, moltissimo si può fare grazie anche alle nuove tecnologie per aiutare il bambino a rapportarsi nel modo migliore con la società. I bambini con questa sindrome hanno bisogno fondamentalmente di tantissimo amore, devono sentirsi coccolati, curati, protetti, ma ci vuole una grande forza.
Inutile puntare il dito contro, giudicare, perché sono esperienze che possono essere comprese a pieno solo da chi le vive, o da chi le conosce da vicino. Sarebbe buona norma, invece, diffondere l’informazione, anche mediante i social, per dare una mano a tutti quei genitori che si trovano ad affrontare la nascita di un bambino affetto da sindrome down, un bambino normale e speciale al contempo.
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