27 febbraio 2024 –
Una madre schiaffeggia la figlia dodicenne per aver pubblicato foto osé sui social e inviate a un ragazzo più grande non è stata giudicata punibile. Il fatto era successo 8 anni fa e adesso i giudici hanno assolto la donna dall’accusa di maltrattamenti in famiglia, perché lo scopo era educativo.
Educazione o maltrattamento?
La vicenda risale a otto anni fa: la madre della ragazza, dopo aver scoperto le foto inviate, punisce la figlia allora dodicenne con alcuni schiaffi. Per quel singolo episodio non erano state fatte denunce, e anche questo ha influito sulla decisione dei giudici, che hanno deciso di assolverla per quell’episodio, ma l’hanno condannata a un anno e sette mesi per altri episodi di maltrattamento, nei confronti sia della figlia che della propria madre (la nonna della ragazza).
Nello specifico, il Tribunale ha ritenuto che l’azione della madre di 42 anni, non costituisse reato, motivando la decisione con il riconoscimento che l’intervento era stato eseguito nell’ambito dei diritti o dei doveri parentali.
Una sentenza che forse lascia confusi, per la duplice valenza, ma in effetti per quel singolo episodio del 2016 la stessa ragazza, ora maggiorenne, ha ridimensionato e giustificato il comportamento della mamma, sostenendo che lei si sarebbe comportata allo stesso modo.
I giudici quindi hanno assolto la donna per l’assenza di denuncia di parte e perché hanno ritenuto che la madre abbia agito con l’intento di educare la figlia.
La sentenza riapre il dibattito sulle punizioni corporali e sull’educazione dei figli
Ricordiamo peraltro che in Italia le punizioni corporali in famiglia non sono esplicitamente vietate. Sono state vietate nelle scuole e nelle carceri, ma l’ordinamento italiano non prevede una condanna in toto, come è invece avvenuto in altri paesi, come emerge dai report di Save The Children. Sono numerosi i paesi che hanno condannato le punizioni corporali in qualsiasi contesto, anche domestico, mentre in Italia, a partire da 1996, con una sentenza della Corte di Cassazione, i giudici hanno iniziato a interpretarle come illecite, ovvero come “abuso di mezzi di correzione”.
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Tuttavia questa sentenza riapre il dibattito sull’educazione dei figli e sui limiti delle punizioni corporali. Da un lato si riconosce il diritto dei genitori di educare e correggere i figli, dall’altro si sottolinea come la violenza non sia mai un metodo educativo efficace e possa causare danni psicologici. In questo caso specifico però è stato riconosciuto che l’atto della madre non era un abuso: la gravità delle azioni della figlia hanno giustificato la reazione della madre.
Nonostante la sentenza di assoluzione per l’episodio singolo, la condanna per le altre violenze dimostra che l’azione della donna non sia stato fatto di tutta l’erba un fascio. Il caso invita comunque a riflettere su come educare i figli in modo sano e rispettoso, senza ricorrere a metodi coercitivi o violenti.
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