Se diamo un’occhiata ai titoli delle principali testate delle ultime settimane, noteremo che due delle espressioni più utilizzate sono state: “utero in affitto” e “stepchild adoption”. Sono questi, infatti, gli argomenti che più hanno tenuto banco sui media, in concomitanza con le vicende della controversa legge sulle unioni civili.
Al di là dell’etica personale di ciascuno, non sono in pochi coloro i quali, di fronte all’accesa polemica degli ultimi tempi, si sono chiesti: perché ricorrere all’utero in affitto quando si potrebbe semplicemente adottare uno dei tanti bambini che vivono in istituto e non hanno una famiglia? La domanda nasce spontanea (cit), peccato che la risposta non sia semplice né immediata.
Adottare un bambino in Italia: perché tante domande vengono respinte
Che adottare un bambino in Italia non sia facile è risaputo, ma a dimostrarlo sono i numeri. Facendo riferimento alle cifre del 2014, risulta che solo una coppia su quattro ottiene l’adozione, dopo un lungo iter burocratico.
Le domande di disponibilità all’adozione pervenute nel 2014 nei tribunali italiani sono state 9675: una cifra considerevole a fronte dei soli 4000 minori che, nello stesso anno, sono stati dati in affidamento o in adozione a una nuova famiglia. Di questi 9657, poi, solo 3857 richiedenti si sono resi disponibili ad accogliere uno dei 2000 minori stranieri arrivati nel nostro Paese per venire adottati da nuovi genitori.
Adottare all’estero
Non tutte le coppie che intendono adottare un figlio lo fanno in Italia: sempre facendo riferimento all’anno 2014, risulta che 3141 richiedenti ritenuti idonei all’adozione da parte di un tribunale italiano hanno poi utilizzato il documento all’estero, adottando 1969 minori. Che si adotti nel nostro Paese o fuori, è evidente una sproporzione tra il numero di coppie disponibili ad adottare e i bambini che effettivamente trovano una nuova famiglia.
Stando così le cose, va da sé che i criteri con cui gli aspiranti genitori vengono selezionati e, eventualmente, ritenuti idonei ad accogliere un minore nella loro famiglia, sono a dir poco rigidi.
È comprensibile, dunque, come la lungaggine e la difficoltà dell’impresa possa portare le coppie, etero o omosessuali, a prendere in considerazione l’ipotesi dell’utero in affitto, con buona pace di chi si dichiara contrario alla pratica.
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