Da sempre, gli esami nella vita non finiscono mai. E, da sempre, gli esami iniziano fin troppo presto: senza esagerare possiamo dire sin dal primo vagito, quando il neonato viene sottoposto già al suo primo test, quello di Apgar. Da lì in poi, e ancora prima di mettere piede in un istituto scolastico, la vita di un bambino è scandita da numeri e paragoni con gli altri pari: le curve di crescita sono, infatti, lo strumento più diffuso e utilizzato dai pediatri per valutare, per esaminare l’andamento della crescita del bimbo.
Il bambino è troppo piccolo per preoccuparsi di cosa vogliano dire quei grafici e, soprattutto, se la sua crescita possa considerarsi nella norma oppure no. Mamma e papà, invece, tentano di interpretare il significato di linee e curve, spesso facendo sorgere timori e preoccupazioni che, ad una analisi più approfondita, si rivelano infondati.
Infatti, ciò che conta nelle curve di crescita non è soltanto il percentile di appartenenza (cioè, in un campione di 100 bambini, in quale posizione si troverebbe il nostro, in funzione del suo peso o della sua statura), ma se negli anni il bambino segue il suo centile, cioè se continua a posizionarsi nella medesima zona del grafico rispetto alle valutazioni precedenti.
Se il bambino, ad esempio, passa dal 50° centile al 25° e infine al 10° c’è da preoccuparsi: vuol dire che ci sono dei seri problemi che compromettono la crescita e bisogna intervenire.
Le curve di crescita, come molti grafici in ambito medico, non sono di facile interpretazione: bisogna conoscere le linee direttrici e possedere le giuste chiavi di lettura, altrimenti rischiamo di prendere fischi per fiaschi, di far sorgere da una parte timori non fondati o dall’altra di illuderci che tutto vada bene.
Il consiglio è, quindi, quello di rivolgersi sempre a un esperto per la lettura dei grafici e per la loro corretta interpretazione, risolvendo in pochi minuti dubbi che altrimenti non ci avrebbero fatto dormire per mesi…
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