L’autostima rappresenta una dimensione fondamentale per l’equilibrio psicologico di una persona.
Incide pervasivamente sulla realizzazione personale, sul perseguimento degli obiettivi scolastici e lavorativi, sulle scelte affettive, sull’equilibrio sociale.
Il contesto familiare e le relazioni genitori – figli costituiscono la base su cui si struttura la percezione di sé del bambino, che può fondare su un buon grado di autostima, o al contrario sull’autosvalutazione.
I genitori come specchio
Quando il bambino è piccolo i genitori sconvolgono una funzione di “specchio”, attraverso cui
egli matura un’immagine di sé, inizia a rispondere alla domanda “Chi sono io?“.
La costruzione dell’identità non è riconducibile evidentemente solo alle esperienze nelle relazioni di accudimento, ma ad una multifattorialità che integra aspetti genetici – individuali – familiari – ambientali ma è importante fare luce sul ruolo genitoriale per agevolare un compito eccezionale quanto complesso.
NON sottovalutare le svalutazioni verbali
Si tende a sottostimare due aspetti importanti:
- L’età del bambino: sin dai primi mesi di vita è una spugna, assorbe le tensioni emotive che circolano in famiglia e svolge un ruolo attivo nella relazione con l’ambiente. Spesso i genitori pensano che se un bambino è molto piccolo automaticamente non ricorda ciò che vive o non ne ha piena coscienza. Ciò è vero solo parzialmente: al di là dello stadio di sviluppo cognitivo del bambino, emotivamente rimane traccia di tutto ciò che vive.
- Le esternazioni verbali: ingenuamente gli adulti tendono a sottovalutare l’impatto delle parole sui propri figli. Non di rado i bambini ricordano frasi pronunciate dai genitori a cui hanno dato un peso maggiore e rilevante rispetto a quello attribuitogli dagli adulti. In particolare, un atteggiamento iper-critico e svalutante verso i propri figli, l’esternazioni ricorrente di frasi come “non sei capace”, “sei cattivo”, “hai rovinato questa giornata”, “è colpa tua se sto male” ecc. favorisce l’instaurarsi di un circolo vizioso.
Il bambino si identifica nelle parole del genitore, costruisce un’idea di sé stesso come “incapace, cattivo, inamabaile ecc.” e attuerà comportamenti volti a confermare tale immagine, incentivando ulteriormente le svalutazioni genitoriali.
Come promuovere l’autostima nei propri figli?
I suggerimenti pratici trovano poco riscontro se non poggiano su consapevolezze emotive.
I genitori tendono inconsciamente a proiettare se stessi nei propri figli e la svalutazione a loro rivolta sottende in realtà un’autosvalutazione.
È come se inconsapevolmente si sentisse di non aver educato bene i propri figli, di “non aver potuto generare qualcosa di buono”.
Un altro elemento fondamentale di cui si è generalmente poco consapevoli consiste nella connessione tra svalutazione dei figli e dipendenza.
Se un figlio viene ritenuto inadeguato nel confrontarsi con i compiti quotidiani, non sufficientemente capace, ciò significa che si riterrà bisognoso del proprio supporto costante, e quindi i movimenti di separazione ed autonomia potrebbero essere compromessi.
Concretamente è quindi utile:
- Non criticare la persona del bambino ma rimproverare, quando necessario il comportamento. È diverso trasmettere il messaggio “tu sei sbagliato” dal far comprendere “questo comportamento non si fa”.
- Rimandare al bambino le proprie capacità: valorizzarlo autenticamente.
- Trasmettere un’integrazione di limiti e risorse: l’autostima non é la negazione narcisistica dei limiti ma la possibilità di raggiungere un valore di sé imprescindibile, basato sulla consapevolezza delle proprie fragilità e capacità.
- Trasmettere fiducia nella capacità del bambino di affrontare le difficoltà, non evitandogliele o sostituendosi a lui, ma affiancandolo. L’iper-protettività può condurre ad un’eccessiva facilitazione per preservare il bambino da emozioni spiacevoli e frustrazioni. È invece fondamentale che al bambino venga trasmessa la fiducia nelle sue capacità di tollerare le insidie e superare gli ostacoli.
- Favorire l’umanizzazione: spesso si corre il rischio di colludere con modelli sociali idealizzati e poco reali. É importante educare all’accettazione di sé e dei propri limiti, all’umanizzazione delle fragilità, non avvallando ansie da prestazione e l’inseguimento di stereotipi irraggiungibili e disfunzionali.
Autostima e diritto al benessere
L’autostima è la base per poter sentire il diritto emotivo ad essere sereni, a prendersi cura di sé,
ad essere amati.
Spesso la razionalità e l’emotività percorrono binari apparentemente paralleli, che la conoscenza profonda di sé permette di riconoscere e re-integrare.
Molte persone che in età adulta vivono ripetute esperienze sentimentali fallimentari con partner psicologicamente maltrattanti non hanno maturato una salda autostima, a partire dall’infanzia, e quindi non si sentono sufficientemente amabili, tanto da tollerare relazioni disfunzionali, spesso elemosinando attenzione o temendo con angoscia l’abbandono di partner inadeguati.
Analogamente, la realizzazione professionale sottende la fiducia in sé stessi e nell’esterno, che si instaura a partire dalla prima infanzia.
Un genitore per poter aiutare, senza onnipotenza ma con consapevolezza, i propri figli a sviluppare una buona autostima, dovrà quindi partire dal recuperare la propria, amandosi, accettandosi, valorizzandosi e prendendosi cura di Sé.
A cura della
Dott.ssa Giulia Gregorini
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