Bambine picchiate nei campi rom: genitori assolti perché ‘nel loro ambiente è normale’

16 luglio 2024 –

Una sentenza che fa rabbrividire: due genitori assolti dall’accusa di aver picchiato le figlie minorenni, perché secondo i giudici “la violenza è un connotato” di quell’ambiente, cioè i campi rom.

Violenza e degrado familiare

Fa discutere la sentenza della Corte d’Appello di Torino ha assolto una coppia di genitori romeni dall’accusa di maltrattamenti nei confronti delle loro figlie minorenni. La motivazione che ha sollevato un vespaio di polemiche è che le violenze, pur accertate, sarebbero da considerarsi “normali” nel contesto di degrado in cui vivevano le bambine, all’interno di un campo rom.

I genitori, un uomo di 54 anni e una donna di 44, erano accusati di aver ripetutamente colpito le figlie con schiaffi, calci e oggetti contundenti, creando un clima di terrore in casa. Le bambine, tra cui una di soli 3 anni, non solo subivano le percosse, ma vivevano anche in condizioni igieniche molto precarie e assistevano alle continue liti violente tra i genitori. Nonostante la gravità delle accuse, la coppia è stata assolta in appello dopo che in primo grado aveva ricevuto una condanna a due anni e sei mesi di carcere.

La cultura come attenuante

La svolta nella sentenza è stata la considerazione del contesto di vita delle bambine. I giudici hanno infatti ritenuto che la violenza, seppur deplorevole, fosse da considerarsi una prassi comune all’interno del campo rom, dove “la violenza è un connotato”.

A sostegno di questa tesi, la corte ha citato la testimonianza di un neuropsichiatra infantile che ha descritto il campo rom come un luogo permeato da un clima di violenza e aggressività.

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Come prevedibile, la sentenza ha portato a numerose critiche da parte di associazioni e esponenti del mondo politico, che la definiscono inaccettabile e pericolosa. In particolare si vuole sottolineare che la cultura non può mai giustificare la violenza, soprattutto contro i minori, e che la sentenza rischia di legittimare abusi e maltrattamenti.

Il precedente romano

Non è la prima volta che una sentenza italiana desta scalpore per il suo approccio alle violenze familiari. Lo scorso febbraio, a Roma, una donna era stata assolta dall’accusa di aver picchiato la figlia dodicenne perché le aveva scattato foto osé da pubblicare sui social. Anche in quel caso, la motivazione si basava sulla convinzione che la madre avesse agito per “educare” la figlia.

Queste sentenze riaprono il dibattito sul ruolo della cultura e del contesto sociale nella valutazione di reati come la violenza domestica. È necessario trovare un equilibrio tra il rispetto delle diverse culture e la tutela dei diritti fondamentali, in particolare quelli dei minori.

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