Vengono definiti comunemente “bambini di pietra“, ma non sono statue o decorazioni. Si tratta di piccoli pazienti malati di una rara malattia ancora oggi priva di una cura definitiva: la fibrodisplasia ossificante progressiva.
Questa patologia genetica porta l’ossificazione dei muscoli e dei legamenti, nonché dei tendini, rendendo difficilissima la vita dei bambini che ne sono affetti.
Chi ne soffre cresce sviluppando noduli fibrosi all’interno dei muscoli e dei legamenti, che poi si trasformano gradualmente in frammenti ossei, compromettendo la mobilità in modo anche molto grave, tanto che spesso il futuro di queste persone è l’immobilità o l’uso della sedia a rotelle.
Le ultime notizie fanno però ben sperare: l’ospedale Giannina Gaslini di Genova sta sperimentando un nuovo farmaco per la cura di questo terribile male.
Come si svolgerà la sperimentazione
La cura sperimentale è in corso su quattro pazienti tra i 18 anni e i 20 e servirà a stabilire l’eventuale funzionamento del farmaco. L’ospedale pediatrico di Genova ha un ruolo di spicco nella cura del problema, proprio perché attualmente è l’unico nel nostro Paese a tentare una sperimentazione, per donare una vita migliore ai 34 casi attualmente registrati in Italia.
La sperimentazione sugli esseri umani è la seconda fase della cura, inizialmente effettuata su esemplari animali, e avrà una durata indicativa di due anni, durante i quali i medici e gli esperti di laboratorio si assicureranno del suo funzionamento e di eventuali interventi da effettuare.
Gli ottimi risultati riscontrati sugli animali fanno ben sperare in una riuscita della terapia anche sulle quattro giovani pazienti in cura presso il Gaslini.
I contributi della Regione Liguria La buona riuscita di un simile farmaco segnerebbe una svolta fondamentale nella cura di una malattia molto rara e debilitante come la fibrodisplasia ossificante progressiva.
L’importanza innovativa di questo tentativo di cura da parte del nostro Paese ha messo in moto i finanziamenti della Regione Liguria, che ha stanziato circa un milione e mezzo di euro per tre anni di ricerche, nella speranza di contribuire economicamente alla cura della patologia.
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