La pandemia ha cambiato profondamente ognuno di noi, modificando lo stile di vita, le abitudini e il modo di relazionarsi. La necessità di mantenere la distanza sociale ha influito pesantemente sulla fragilità psicologica e sul modus operandi che è diventato routine. Se per un adulto è difficile adattarsi, immaginiamoci cosa può essere il pensiero e la proiezione che hanno i nostri bambini, gli adulti di domani.
Da questo nasce l’esigenza di una riflessione su bambini e vita prima del Covid: ai giorni nostri quasi non ricordano più cosa significa vivere in società, darsi gli abbracci e uscire senza mascherina.
Mettiamo a confronto bambini e vita prima del Covid
A stento noi adulti ricordiamo le serate brave passate in locali o piazze a festeggiare eventi con la spensieratezza di chi non deve scegliere se divertirsi o rischiare di contrarre un virus potenzialmente letale.
Son passati quasi tre anni da quando abbiamo messo piede per la prima volta nel girone del Covid.
Abbiamo vissuto il lockdown.
La quarantena.
La spesa al supermercato in fila a distanza di due metri ciascuno, mascherina, guanti e perché no, anche la visiera per proteggerci meglio.
Abbiamo imparato a riconoscerci dalla sagoma, sotto la mascherina, e a salutarci con la mano, a dovuta distanza.
Abbiamo imparato a vederci senza mascherina e a guardarci negli occhi da dietro un monitor del pc.
Tanti nonni hanno conosciuto i nipotini in una videochiamata e il primo incontro è stato quasi sterile. Asettico.
Disinfettati. Indossa i guanti. indossa la mascherina. Non toccarlo. Disinfettati di nuovo.
Bambini e vita prima del Covid fanno riflettere in modo particolare.
I nostri bambini, come racconta un articolo recentemente pubblicato da Repubblica, hanno dimenticato cosa vuol dire abbracciarsi e faticano a ricordare la vita prima delle mascherine.
Cinque- sette anni la fascia che più ne risente
Tra i bambini esaminati ed intervistati in questo curioso sondaggio sociale, la fascia interessata è quella tra i 5 e i 7 anni.
I bambini che oggi frequentano tra l’ultimo anno della scuola dell’infanzia e il primo anno della scuola primaria.
I bambini che avevano conosciuto la normalità, i banchi vicini, la condivisione con i compagni, gli abbracci, le strette di mano per far pace, e che ad un certo punto si son ritrovati nel vortice del virtuale: lezioni davanti ad un computer. Niente coccole consolatrici dalla maestra . Niente giochi vicini vicini con l’amico del cuore. Per certi lunghi periodi anche niente parchi giochi.
Questi bambini, alla domanda del giornalista “ricordi la vita prima del Covid?”, riflettono perplessi.
Qualcuno ci pensa qualche secondo e poi risponde un sincero no.
Qualcun altro, con una punta di malinconia, ricorda, ricorda eccome: i banchi vicini, i compagni seduti uno accanto all’altro, la mensa condivisa senza dover mantenere le distanze, e la mascherina. Sì la mascherina non c’era. Si poteva uscire senza la mascherina.
Per i bambini e i ragazzi rinunciare al gioco, alla vicinanza e alla normalità ha rappresentato, e continua a rappresentare un disagio fortissimo, che vede spesso coinvolti terapisti dell’infanzia ed educatori specializzati nell’affrontare determinate situazioni e supportare i genitori che non sanno come gestire la delicata situazione.
La mascherina che ormai è diventata normalità e anzi, sembra quasi strano se incrociamo qualcuno che non ha il volto coperto per metà dalla mascherina.
Cosa significa invece per i bambini nati in pandemia?
Diverso è il discorso per i bambini del 2019 e 2020.
Loro hanno sempre vissuto mantenendo le distanze, educati alla sicurezza sanitaria attraverso il distanziamento sociale e l’utilizzo dei dispositivi di protezione che permettono di tenere alla larga il coronavirus. Sono nati con la mascherina.
Ma se questo fa credere che per loro sia più facile affrontare la situazione e viverla con spensieratezza, sbagliamo. Proviamo infatti ad immaginare un bambino abituato da sempre a stare rinchiuso tra le pareti domestiche, per ricevere maggiore protezione in questo momento storico, dove i genitori per necessità e anche paura, per sé stessi e anche per proteggere gli altri, come nel caso dei nonni, limitano al minimo gli incontri con le persone estranee al nucleo familiare e le uscite in posti pseudo-affollati.
Avremo dei bambini impauriti che vivranno con angoscia il momento in cui, forse, tutto incomincerà a tornare alla normalità.
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