Il termine è irritante, e non poco, soprattutto se detto in accezione totalmente negativa e offensiva, come quando a pronunciarlo in tal modo fu un’eminenza grigia della politica nostrana. Bamboccioni. Un’offesa se detto a chi, oggi come oggi, si fa in quattro per trovare lavoro. Un articolo che impazza sui social però fa molto di più: ci spiega con una vena di ironia sibilata (si esatto, quasi a denti stretti) dove vengono coltivati questi bamboccioni.
Secondo l’autrice dell’articolo sarebbe l’asilo, o scuola materna, il primo posto in cui si instradano i nostri figli verso il “bamboccionismo”. Imputato principale, in quest’arringa è l’inserimento. Ora, chi ha figli in età da scuola materna sa, appunto, che i primi giorni di scuola sono dedicati all’inserimento o accoglimento. Si tratta di giornate particolari dedicate soprattutto a chi mette piede nella scuola materna per la prima volta. Possono durare due settimane o anche un mese intero, mese in cui le mamme devono stare accanto ai loro piccoli durante la permanenza nell’asilo.
Le mamme italiane sono in rivolta: l’inserimento non piace, fa perdere tempo e preziose ore di lavoro. Anzi, a detta di alcune sarebbe una vera e propria pessima abitudine italiana, inutile e poco pratica. Ora, mentre il povero Bowlby prende fuoco nella sua tomba, ci si chiede come la società abbia potuto instillare nelle mamme, in alcune mamme, questo senso di priorità lavorativa piuttosto che pensare ai benefici per i propri figli. Ovviamente il nostro Paese non aiuta le mamme in carriera, anzi, le costringe a scegliere tra l’amore (e i sensi di colpa) nei confronti dei figli, e la realizzazione professionale. E tuttavia va spezzata una lancia a favore dell’inserimento, quando per una volta le cose sono state fatte a misura di bambino e non di adulto.
Qui non si vogliono giudicare quelle madri che non hanno scelta, perché la colpa non è la loro. Qui si giudica un contesto che costringe a scegliere. Tuttavia, tornando al primo punto del discorso, secondo l’articolo virale, i bamboccioni si “coltivano” così, alla materna. Ecco, da una mamma che non ha scelta e suo malgrado si vede costretta a vivere male questo benedetto inserimento, a una mamma che disprezza, schernisce e svilisce il lavoro di tante professioniste ce ne passa. Se questa becera idea del figlio indipendente a 2 anni fosse soppiantata da una buona cultura e informazione sull’alto contatto, forse ci sarebbero meno sensi di colpa e meno pretese nei confronti dei nostri figli.
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Io penso ke i bambini sono tutti diversi e non si può prevedere la loro reazione alla novità… L’inserimento graduale deve essere garantito come possibilità (non obbligo) e deve essere elastico…può durare un giorno o due settimane,osservando e valutando man mano …qst il mio parere…
C’è qualcosa a questo mondo che non ci sentiamo in dovere di criticare??? I bimbi non sono fatti in fotocopia… Per fortuna ogni uno è unico! E se per il genitori le esigenze di un figlio è una perdita di tempo che facciano a meno di farli!
Io non ho la fortuna di avere nonni o parenti vicini a casa. Ed essendo rientrata al lavoro, non è semplice districarmi con gli orari a volte impossibili imposti dalla scuola materna di mio figlio..non per questo non amo lo amo però!
Mia figlia va in un istituto privato nel quale la mamma è invitata ad andarsene quanto prima e i bimbi restano subito fino a mezzogiorno (dal 1^ ott fino alle 16)
Credo sia meglio cosi, si soffre di meno.
Nella mia esperienza l’inserimento vero e proprio è quello del nido, con presenza del genitore i primi giorni e poche ore. All’asilo c’è solo meno ore la prima settimana ma non è un inserimento.
Ma mica tutti vanno al nido
Io sono a favore dell’inserimento…da noi è stato veloce e indolore. Per quanto mi riguarda sono passati 34 anni e ancora mi ricordo la tragedia di salire su un pulmino ed essere scaraventata in una scuola dove non conoscevo nessuno…senza mamma e papà…che angoscia…
Quanta ignoranza! Si cerca di andare incontro ai bisogni del bambino, che non sono di certo i bisogni di un adulto … già dal fatto che si parla di “asilo” poi …