A una commessa di un centro commerciale è stato chiesto il test di gravidanza come condizione per il rinnovo del contratto: la vicenda è stata portata all’attenzione dei media da un ex dirigente dell’USB (Unione Sindacale di Base) che ne ha raccolto lo sfogo.
Il test di gravidanza per il rinnovo contrattuale
Per rinnovarle il contratto di un solo mese i suoi datori di lavoro le hanno chiesto di eseguire un test di gravidanza: è questa la denuncia choc di una commessa di un centro commerciale (al momento non si conoscono né le generalità della donna, né di quale catena si tratti), raccolta da Francesco Iacovone, ex dirigente dell’USB e oggi con ruoli nell’esecutivo nazionale dei Cobas.
Come ha raccontato quest’ultimo sul suo blog, la commessa lavorava in un centro commerciale con contratti rinnovati di tre mesi in tre mesi e dando la propria disponibilità anche nei weekend. Almeno fino a quando, alcuni giorni fa, le hanno chiesto di eseguire il test nonostante il rinnovo fosse già pronto: “Sospettavano che fossi incinta e quindi mi hanno rimpiazzata” spiega la mamma-commessa che, al momento, è a casa con la famiglia ma garantisce “di essere felice nonostante tutto, con mio marito e mia figlia“.
L’Odissea di una mamma lavoratrice
Ma come si è arrivati a questa situazione? La commessa, già mamma di una bimba, nell’ultimo periodo ha dovuto trascorrere del tempo in ospedale per stare vicina al padre e, a causa di una serie di fattori tra cui stress, notti insonni e alimentazione sregolata, è aumentata di peso. Da lì la richiesta del test di gravidanza che adesso sta facendo insorgere le associazioni di categoria e ha riacceso il dibattito sulla tutela dei diritti delle donne nei luoghi di lavoro.
Nel suo blog, Iacovone ha raccontato anche quale era la situazione di questa mamma prima che si arrivasse al caso citato: la donna lavorava in un altro negozio a tempo indeterminato, prima di rimanere incinta; tuttavia dopo la maternità facoltativa, a suo dire, “la vita è diventata un inferno” senza considerare le turnazioni che non tenevano conto delle sue esigenze di allattare al seno la propria bimba.
“Ho resistito quasi tre mesi poi ho dato le dimissioni” prosegue la mamma che, in seguito, dopo aver trovato lavoro nel centro commerciale ha dovuto fare i conti con orari non stop, straordinari non pagati, domeniche lontana da casa e rinnovi contrattuali brevissimi: “Non ho avuto nemmeno le ferie matrimoniali eccetto qualche giorno” conclude con amarezza.
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