Le guerre non si combattono mai solo in trincea o dentro i palazzi del potere: a subirne le atroci conseguenze sono, molto spesso, le persone più deboli della popolazione, come bambini e donne.
Proprio le donne durante la Seconda Guerra Mondiale, hanno dovuto subire crimini indicibili inferti loro dall’esercito giapponese.
Durante gli anni ’40, in Giappone, tra le 20 e le 400 mila donne (le stime, purtroppo, sono del tutto indicative e tendono al rialzo) sono state rapite dal Governo Giapponese e costrette a diventare schiave e prostitute al servizio dei militari orientali.
Prelevate dalle loro abitazioni con la forza, o con la promessa ingannevole di un lavoro come operaie, le donne di tutte le etnie – tra cui cinesi, coreane, australiane – sono diventate “Ianfu” o “Comfort Women”: tradotto, donne deputate a donare piacere e benessere ai soldati giapponesi, tra una battaglia e l’altra.
Le testimonianze rilasciate da alcune delle povere donne costrette a subire queste atrocità fanno letteralmente venire i brividi.
Una donna, ormai anziana, ha dichiarato che dall’alba al tramonto lei, insieme ad altre donne sia mature che adolescenti, erano segregate all’interno dei bordelli dell’imperatore e senza sosta subivano le peggiori violenze ed erano obbligate a soddisfare le luride voglie dei combattenti.
E se è impossibile pensare ad una forma sufficiente di giustizia per le povere vittime di questi orrori, l’attuale Governo Giapponese dopo 70 anni ha riconosciuto i crimini efferati ed ha stanziato un risarcimento milionario per le Comfort Women di tutto il mondo: il ministro Fumio Kishida, oltre ad essersi pubblicamente scusato per le atrocità inferte dall’esercito del suo Paese, ha messo a disposizione circa 8 milioni i dollari per curare le ferite delle vittime.
Ma, sappiamo bene, che nulla basterà a far dimenticare alle migliaia di donne ex prigioniere gli orrori delle violenze sessuali subite e l’insulto dell’obbligo alla prostituzione.
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