Essere mamma e lavorare è un connubio per tutte le donne difficile e per molte diviene impossibile, soprattutto nel nostro Paese.
Accanto alla carenza di strutture pubbliche e all’esorbitante costo di quelle private, non sono certo in via d’estinzione i datori di lavoro ben poco accondiscendenti alla maternità delle lavoratrici, mentre stentano a decollare gli asili nidi aziendali, soluzioni d’elite previste da alcuni grandi multinazionali.
Non molto migliore è il rientro delle libere professioniste per le quali la natura della loro attività impone spesso sopralluoghi su cantieri o il recarsi presso istituzioni per il deposito di pratiche e il ritiro di documentazioni dove è assai improbabile trovare un misero spazio dove poter cambiare il pannolino o allattare il bambino.
In un Paese dove vivere la maternità e lavorare si rivela una corsa ad ostacoli, una volta tanto si aprono dei piccoli spiragli di speranza per un futuro dove conciliare le due cose non sia solo una frase fatta, ma un diritto di tutte le donne.
È stata, infatti, inaugurata lo scorso marzo una saletta per allattamento nel Tribunale di Pistoia, un piccolo ma significativo spazio per le avvocate, ma anche per le magistrate e dipendenti del Tribunale dove poter prendersi cura del loro bambino, sul posto di lavoro.
Quella che può sembrare solo una nursery è, in realtà, un messaggio per tutta la società e per tutto il mondo del lavoro, chiamati ad adottare misure che possano favorire le donne a coniugare maternità e lavoro.
Le politiche attive a sostegno della maternità dovrebbero essere sempre al centro dell’attenzione del legislatore e anche dell’opinione pubblica, al di là degli sporadici episodi in cui la conciliazione sale agli onori della cronaca perché sono delle star o delle parlamentari a far parlare di sé e catalizzare per qualche mezzora l’attenzione su una delle più grandi criticità del nostro Paese.
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