La carenza di fondi per l’istruzione è diventata ormai strutturale; per tale motivo spesso gli istituti scolastici, a inizio anno, chiedono un contributo volontario alle famiglie.
Il contributo volontario è una quota di denaro che la scuola può chiedere per garantire una serie di servizi aggiuntivi indispensabili agli studenti: il contributo volontario è però anche causa di una forte disparità fra istituti.
Quelli frequentati da studenti benestanti, i cui genitori spesso versano tutte le quote volontarie, possono contare su una serie di servizi e attività in più.
Vediamo nel dettaglio cosa sono i contributi volontari e perché vengono richiesti.
Cos’è il contributo volontario scolastico? É obbligatorio?
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha già abbondantemente chiarito questo aspetto. I contributi volontari sono, come dice il nome stesso, del tutto opzionali. Essi pertanto vengono versati in maniera distinta dalle tasse scolastiche, che sono invece obbligatorie dai 16 anni in poi, tranne in casi certificati di esonero.
Eventuali contributi possono dunque essere richiesti solo ed esclusivamente quali contribuzioni volontarie con cui le famiglie, con spirito collaborativo e nella massima trasparenza, partecipano al miglioramento e all’ampliamento dell’offerta formativa degli alunni, per raggiungere livelli qualitativi più elevati. E’ pertanto illegittimo, e si configura come una violazione del dovere d’ufficio, subordinare l’iscrizione degli alunni al preventivo versamento del contributo.
Il Ministero dell’Istruzione rammenta anche che, per correttezza, le famiglie devono essere preventivamente informate circa le attività che verranno finanziate con tali contributi volontari. Tali servizi dovranno essere infatti solo di natura aggiuntiva: i contributi volontari non possono essere utilizzati per attività ordinarie, ma solo per ampliare l’offerta didattica.
Come vengono usati i contributi scolastici?
Infatti, il dirigente scolastico del liceo Paolo Sarti di Bergamo, Antonio Signori, chiarisce ai genitori la questione in un’intervista a OrizzonteScuola. “I contributi che lo Stato ci assegna, garantiscono i servizi essenziali“, ma non bastano mai per finanziare altre iniziative che possano costituire un valore aggiunto per la scuola.
Per questo motivo, i contributi volontari vengono intesi come un gesto di solidarietà e responsabilità collettiva. Il dirigente spiega che questi contributi spesso servono a finanziare l’acquisto di libri, lo sportello psicologico, vari prodotti per la didattica, come software o toner di ricambio per le stampanti, e macchinari per il laboratorio.
Tuttavia, questo può diventare motivo di forte dislivello fra i servizi offerti dagli istituti che si trovano in zone particolarmente benestanti e tutti gli altri. Un dislivello che purtroppo, vista la scarsità di risorse, causa in certi casi povertà educativa.
Lo stigma su chi non paga il contributo volontario
Ma il problema del contributo volontario è che in certi casi è diventato quasi obbligatorio, e che soprattutto è usato anche per coprire le necessità base, come carta igienica e cancelleria varia. Ai genitori viene molto spesso richiesto di portare direttamente fazzoletti, carta per la stampante o altro materiale, affidandosi alla loro buona volontà.
L’altro dato non molto rassicurante è che alcune scuole hanno richiesto il contributo già in fase di iscrizione a scuola, cioè a gennaio, ben prima che l’allievo frequenti effettivamente l’istituto. E se uno non paga?
Questo contributo, anche se esiguo, spesso causa pressioni sociali su chi decide di non pagare, anche per propria difficoltà economica. Purtroppo la carenza di dati al riguardo, rende questa pratica molto arbitraria.
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