A mio figlio vorrei insegnare che nella vita quello che conta davvero, quasi tutto quello che conta davvero, è invisibile agli occhi. Mi perdonerà Saint-Exupéry per l’ennesima citazione dei suoi scritti, ma la verità è questa perché, l’ho capito solo crescendo, nessun traguardo ha sapore e senso se non hai nessuno con cui condividerlo.
Vorrei insegnargli che le relazioni non accadono: le relazioni richiedono impegno.
Tutte le relazioni, non solo quelle d’amore, devono essere accudite, pulite dalle erbacce, pensate e ripensate. E no l’amore, così come l’amicizia, non è mai una cosa semplice. Ma quasi sempre ne sarà valsa la pena.
Vorrei insegnargli che non esiste gratificazione senza dedizione, senza sacrifici, che nessun obiettivo è troppo lontano a patto di lavorare sodo e soprattutto con umiltà. Ricordandosi ogni giorno da dove si è partiti e che ogni passo in più è già un traguardo.
Che anche le sconfitte sono traguardi perché se dalle sconfitte ci si rialza allora quelle non sono affatto delle sconfitte.
Vorrei insegnargli ad essere leale, a rispettare tutti i punti di vista, ad amare la diversità e non smettere mai di essere curioso perché la curiosità è la molla che muove tutto.
Vorrei che fosse avido di sapere, di provare, di sperimentare e vorrei dirgli che nella vita, davvero, non si smette mai di imparare. Vorrei insegnargli a non dire mai: “Per me è così” e ad aggiungere: “Per me è così ora” perché nella vita si cambia e per imparare ad accettarsi bisogna abbracciare tutte le sfumature di noi stessi, anche quelle che non pensavamo di avere.
Vorrei insegnargli tutto questo a mio figlio ma poi mi fermo e penso che il miglior insegnamento che posso regalargli è lasciare che impari (quasi) tutto da solo.
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