Per chi è affetto da malattie metaboliche rare, curarsi con il cibo non è solo una norma di buon senso per migliorare la qualità della propria vita, ma una vera e propria necessità: l’atto del mangiare integra l’assunzione di farmaci e diventa una terapia medica a tutti gli effetti. Il rischio? Sedersi a tavola può trasformarsi in un fastidioso obbligo, soprattutto perché le diete da seguire in caso di particolari patologie non tengono conto del fattore gusto.
Costretti a mangiare alimenti insipidi o dal sapore poco appetibile, i pazienti non riescono più ad apprezzare il piacere del cibo. Per trovare una soluzione a questo problema, l’ospedale Bambino Gesù ha avviato una collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, al fine di mettere a punto menù, libri di ricette e terapie medico-gastronomiche che facciano riscoprire a bambini e ragazzi malati un rapporto appagante con il cibo.
Il progetto si chiama “MetabEat” ed è stato presentato di recente all’ultimo Salone Internazionale del Gusto di Torino con lo slogan “Non sentirsi diversi perché si mangia in modo diverso”. Facendo leva sui principi della dieta mediterranea, l’obiettivo è far incontrare le competenze dei medici e quelle dei cuochi, per capire come combinare i nutrienti, cucinare e assemblare i piatti cosicché siano salutari e gustosi al tempo stesso.
A ben vedere, infatti, fra i poteri curativi del cibo rientrano anche quelli che agiscono a livello della psiche: chi mangia bene è più felice e vive meglio. In campo medico, dunque, l’approccio all’alimentazione cambia e il cibo viene usato non solo per tenere sotto controllo la malattia, ma anche per concedere ai pazienti uno dei piaceri irrinunciabili della vita.
Il video della settimana