Una ricerca che ha trovato spazio sul “Journal of Vocational Behavior” ha dato modo di riportare alla ribalta l’idea di come sia sbagliato chiedere ai bambini cosa vogliono fare da grandi. Tale idea non è però condivisa da tutti coloro che operano nel settore dell’infanzia.
È giusto chiedere ai bambini cosa vogliono fare da grandi?
Secondo alcuni operatori nel settore dell’infanzia, chiedere ad un bambino cosa vorrebbe fare da grande, lo mette di fronte all’obbligo di definire se stesso per mezzo del lavoro e che basti aspirare ad un determinato lavoro per poterlo poi ottenere, creando una situazione di ansia da prestazione inconscia. Contro questa idea che sia sbagliato fare una domanda simile ad un bambino, si è schierato il giornalista e docente della scuola primaria Alex Corlazzoli, secondo cui, porre una domanda del genere ad un bambino non è un errore, ma anzi spesso un mezzo per capire quelle che sono le sue vocazioni e le capacità che sarebbe il caso di provare a fargli sviluppare. Secondo Corlazzoli uno dei problemi dell’Italia è proprio la scarsa attenzione alla valorizzazione delle vocazioni ed il fatto che la domanda, specie da parte dei familiari, viene posta non rendendosi conto che non bisogna caricare i bambini di troppe aspettative.
E se invece fosse sbagliato chiedere ai bambini cosa vogliono fare da grandi?
Di parere opposto è Mariarosa Porro. La famosa pedagogista ritiene che l’idea di Adam Grant, psicologo di fama mondiale secondo cui è sbagliato mettere i bambini davanti all’idea di cosa vorrebbero fare da grandi, sia corretta, visto che il messaggio che i bambini recepiscono con questa domanda è che il loro valore come esseri umani deriverà solo ed esclusivamente dalla loro realizzazione lavorativa. Un bambino deve quindi essere conscio del fatto che qualsiasi sia il suo desiderio, questo merita rispetto e che non deve essere portato a pensare che sia il lavoro ciò che determinerà il suo valore da un punto di vista umano e sociale.
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