“Essere mamme non è un mestiere, non è nemmeno un dovere: è solo un diritto tra tanti diritti” – Oriana Fallaci
Siamo ancora così sicuri che la maternità ad oggi si possa considerare un diritto tra tanti diritti?
Nove lunghi mesi di attesa e immaginazione, il primo vagito, il suo profumo, la voglia di tenerezze, per non parlare poi della stanchezza, della paura di non farcela e, a volte, di quella sensazione di inadeguatezza che accompagna i primi mesi di vita del bambino.
Proviamo a rifletterci… forse, a volte, non tutte le donne possono provare queste sensazioni, almeno se non dopo aver prima “combattuto” per realizzare il sogno di diventare mamma.
Perché spesso è proprio così, sarebbe giusto definirle “forti guerriere” tutte le donne che ogni giorno affrontano il grande “mostro” della sterilità o della infertilità con pazienza e perseveranza.
Come diventare madri grazie alla fecondazione assistita
Le tecniche di “fecondazione assistita o PMA (Procreazione Medicalmente Assistita)” permettono a chi, per problemi di sterilità o infertilità, non riesce a ottenere una gravidanza in modo naturale, di realizzare il sogno di creare una famiglia.
Esistono due tipologie di tecniche di PMA: la fecondazione assistita omologa e quella eterologa.
Nel primo caso, non vi è alcuna donazione da parte di soggetti terzi: l’embrione è, infatti, creato con i gameti (ovociti e spermatozoi) della coppia che decide di intraprendere il percorso di PMA.
Intraprende un percorso di fecondazione assistita eterologa, chi, invece, ha la necessità di ricevere in donazione (parzialmente o totalmente) i gameti da un soggetto terzo.
Entrambe le tipologie di fecondazione assistita sono legalmente riconosciute in Italia.
Chi può accedere alla fecondazione assistita in Italia?
La fecondazione assistita in Italia è regolamentata dalla Legge 40/2004 che, all’art. 5, identifica i soggetti che possono accedere a tali tecniche e cioè le coppie di soggetti maggiorenni, di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi.
L’accesso alla PMA in Italia non è, ad oggi, consentito a single e coppie dello stesso sesso.
A quali condizioni è consentito l’accesso alle tecniche di PMA? In quali strutture?
Il ricorso alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita è consentito quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere – in altro modo – le cause che impediscono la procreazione; nei casi di sterilità o infertilità inspiegate documentate da atto medico o, ancora, nei casi di infertilità o sterilità derivanti da causa accertata e certificata da atto medico.
Ma c’è una eccezione a tutto ciò: grazie all’intervento dei tribunali, e in particolare della Corte Costituzionale, oggi possono accedere ad un percorso di fecondazione assistita anche le coppie fertili. Quando?
Soltanto se sono portatrici di malattie genetiche trasmissibili e rispondono a certi requisiti stabiliti dalla legge.
Per quanto riguarda le strutture dove si può accedere alle tecniche di PMA, deve trattarsi di strutture pubbliche o private autorizzate dalle Regioni e iscritte in uno specifico registro nazionale istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità (Registro Nazionale PMA).
Lo status giuridico del figlio nato da fecondazione assistita
“Sarò veramente sua madre e/o suo padre?”
Questa è una delle domande più frequenti, che scaturisce dalla paura che, dopo tanta fatica e sofferenza, si possa anche rischiare di non godere appieno della tutela giuridica che il rapporto genitore-figlio meriterebbe, indipendentemente dalle modalità con cui è avvenuto il concepimento.
La legge n. 40 del 2004 stabilisce, all’art. 8, che i bambini nati a seguito dell’applicazione di tecniche di PMA hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere a tali tecniche. Dunque, di chi si è consapevolmente assunto la responsabilità di farli venire al mondo.
E ciò vale anche per il caso in cui si acceda ad un trattamento di fecondazione eterologa con utilizzo di ovociti o spermatozoi donati. In questo caso, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto, né essere titolare di obblighi.
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