In molte famiglie esiste la leggenda del “figlio preferito”, ma non sempre è una supposizione errata.
Il rapporto tra genitori e figli è in primis un rapporto umano e la relazione di un genitore con ciascuno dei propri figli è inevitabilmente diversa.
Ciò è fisiologico e naturale e non dovrebbe destare stupore. Ogni figlio ha una personalità con caratteristiche soggettive e peculiari, cosi come ogni genitore e in ogni rapporto esiste una reciprocità.
È il valore aggiunto delle relazioni, che non possono ritenersi interscambiabili ma uniche.
Ciò non significa parlare di maggiore amore, né avallare trattamenti diseguali tra i figli, ma riconoscere le caratteristiche tipiche della relazione genitoriale.
Eccessive disparità possono chiaramente rivelarsi nocive e disfunzionali.
Il senso di colpa dei genitori
Occorre abbattere i giudizi sociali che negano la possibilità di stati d’animo negativi di un genitore verso un figlio e che vincolano la famiglia ad immagini ideali ben lontane dalla realtà.
La genitorialità non è un’isola felice, esente da difficoltà, ancora di più in una società in cui le istituzioni educative stanno perdendo di incisività e i social assumono sempre più centralità.
È umano per un genitore poter sperimentare transitori sentimenti di rabbia, delusione, tristezza e ciò non deve determinare un senso di colpa, nocivo per sé e per il rapporto con i figli.
I sensi di colpa possono favorire una difficoltà ad empatizzare con essi e a porre adeguati confini e limiti, perdendo coerenza di ruolo. Ad esempio, si può far fatica a delineare delle regole, divenendo eccessivamente permissivi, assumendo atteggiamenti poco normativi e confusivi, talvolta sfociando nel ruolo di genitore “amico”.
I figli preferiti
Esistono figli con cui si ha un’affinità maggiore, che può variare nel corso del tempo, e analogamente i figli possono sperimentare una sintonia migliore con uno dei due genitori.
Ciò che si rivela disfunzionale è l’attribuzione di ruoli rigidi, pervasivi e continuativi nel tempo, che non sono mai rappresentativi dell’interezza della persona.
Ad esempio, in molte famiglie si assiste ad una suddivisione di ruoli “opposti” tra i fratelli: il figlio perfetto e la pecora nera, entrambi poco funzionali.
La “pecora nera” è il figlio a cui si associano aspetti di fragilità e problematicità, sottovalutandone risorse e capacità. Il “figlio perfetto” è colui che non può deludere, in cui si individuano i punti forza, negando le umane fragilità.
La percezione che la persona sviluppa di sé stessa è molto condizionata dai primi rispecchiamenti sperimentati nelle relazioni genitoriali e in famiglia. Un figlio che viene considerato, ad esempio, prematuramente iper-fragile, può identificarsi con tale rappresentazione di sé e convincersi di esserlo.
La presenza di ruoli netti e contrastanti non facilita neanche la relazione tra fratelli, che rischiano di rimanere intrappolati in dinamiche infantili competitive, alla ricerca del riconoscimento genitoriale.
Le affinità genitore-figlio
Dedichiamoci ora, a comprendere i principali elementi che possono condizionare le affinità nelle relazioni genitori-figli, tra cui risultano:
- Il genere del figlio: oltre agli aspetti edipici, il genere maschile o femminile può assumere un significato diverso nella cultura familiare e nella concezione identitaria. Ad esempio, in alcune culture essere maschio viene considerato un valore aggiunto.
- L’età: si può sentire il figlio più grande maggiormente vicino o, viceversa, il figlio più piccolo da proteggere.
- Similitudini e differenze: può accadere che il figlio che si percepisce più simile si senta più affine, includendo caratteristiche somatiche e fisiche.
- La relazione di coppia al momento del concepimento e della nascita: un figlio concepito in una fase di crisi con l’illusione di ricompattare la coesione di coppia potrà essere investito di aspettative, o si potrà percepire come il figlio con cui dover compensare mancanze e carenze.
- La personalità del figlio.
È importante sottolineare che le caratteristiche che si attribuiscono ad un figlio non necessariamente gli appartengono, a volte, inconsciamente i genitori proiettano propri vissuti sui figli. Inoltre, in caso di crisi di coppia sovente accade che un genitore si allea con un figlio, e l’altro genitore con l’altro figlio, creandosi “due squadre”.
In condizioni di disparità disfunzionali sia i figli preferiti, che i non preferiti attraverseranno dei disagi.
Le conseguenze sul figlio preferito
Le maggiori difficoltà esperite dai figli preferiti si riferiscono al peso delle aspettative. Sentono di non poter deludere i genitori e ciò può favorire un’impossibilità nel riconoscere i propri bisogni, inibendo la soggettività e divenendo particolarmente severi con sé stessi. Sovente accade che si abdica al ruolo di figlio in favore di un’eccessiva adultizzazione e responsabilizzazione. Inoltre, vi è una maggiore vulnerabilità per la strutturazione di sintomi depressivi.
Le conseguenze sul figlio non preferito
I principali disagi per i figli che si sono sentiti sempre considerati meno, e trattati in modo sfavorevole, riguardano le aree dello sviluppo emotivo, dell’autostima e delle relazioni interpersonali.
Si possono strutturare senso d’inferiorità, disistima e sfiducia verso gli altri. Si potranno verificare blocchi nella realizzazione professionale e le scelte affettive e sentimentali potranno ricadere su partner dominanti e svalutanti.
Riflessioni conclusive
Riconoscere le naturali e umane caratteristiche delle relazioni genitoriali permette ai genitori di non negare i propri sentimenti ma di assumerne consapevolezza per agire lucidamente. È importante non fare paragoni ma valorizzare la diversità. La presenza di un confine chiaro tra sé e i propri figli permette sia di restare coerenti al proprio ruolo sia di riconoscere le soggettività dei figli, meno investiti di proiezioni personali.
Anche per i figli sarà fondamentale umanizzare i propri sentimenti e accettare le diversità dei genitori.
L’obiettivo non è creare rapporti interscambiabili ma relazioni consapevoli e libere in cui co-costruire lo spazio per l’espressione di sé e l’ascolto dell’altro.
Dott.ssa Giulia Gregorini
Psicologa – Psicoterapeuta
Giulia Gregorini – Psicologa e psicoterapeuta ad orientamento sistemico relazionale. Lavora con individui, coppie e famiglie. Considera la crisi un ‘opportunità di crescita e la famiglia una risorsa nella cura.”
Il video della settimana
Tutto molto bello, ma per piacere potete scrivere correttamente “se stesso”?
Non va l’accento.
Grazie!
Se hai voglia di darti una letta, l’Accademia della Crusca scioglierà ogni dubbio :) https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/accentazione-del-pronome-se-stesso/166