Si sente dire spesso che fare figli è il più grande gesto d’amore. Sì, ma verso se stessi?
Diciamoci la verità, al di là della retorica del dire di voler donare la vita a un altro essere umano, in realtà, quando decidiamo consapevolmente di avere figli lo facciamo per noi stessi, usando queste parole nel senso ampio, per noi e per il nostro partner.
Vogliamo creare qualcosa, dare concretezza al nostro amore.
L’amore nei confronti del futuro nostro figlio in quanto tale all’inizio non esiste se non come nostro prolungamento.
Di fronte al vetro della nursery del reparto di ostetricia dell’ospedale noi non proviamo amore per tutti i bambini appena nati, amiamo il nostro. E lo amiamo proprio perché è qualcosa che ci appartiene.
Per di più, all’inizio avere un bambino piccolo non fa altro che nutrire il nostro ego. Per la prima volta nella vita abbiamo un altro essere umano che dipende interamente da noi e che ci ama incondizionatamente, qualunque siano i nostri pregi e difetti. Tra l’altro, in alcuni casi, ci somiglia anche un pochino. Anche se non è del tutto vero, riusciamo a trovare un identico profilo, sia quello destro o quello sinistro, o il taglio degli occhi. Qualsiasi dettaglio, anche il più soggettivo. Addirittura arriviamo a pensare di avergli trasmesso nostri piccoli atteggiamenti. Diciamo che è preciso o confusionario come noi. Di solito, comunque, caratteristiche che ci piacciono.
Proprio per questo uno degli impegni che ogni genitore dovrebbe prendersi durante gli anni della crescita è quello di togliere piano piano questo strato di amore egoistico che lo lega al proprio figlio affinché rimanga solo l’amore per lui. Lavorare per togliere, per liberare.
Anche perché, prima o poi, sarà necessario prenderne atto ed affrontare la questione. Se non lo faremo noi, lo farà la vita stessa, con il tempo che passerà.
Così dovremo prepararci, e ne abbiamo tanti di anni per farlo, a lasciargli vivere la sua vita, a metterci da parte. Ad immaginare il nostro futuro anche senza di loro. Senza pensare a tutte le cose che abbiamo fatto per lui, perché così doveva essere. Perché in quei momenti lo stavamo facendo anche per noi stessi. Perché rientravano tra le conseguenze della scelta iniziale che abbiamo fatto di diventare genitori.
Così dovremmo farci trovare preparati quando prenderanno il volo senza mettergli pesi alle ali, contenti di vederli ogni tanto bussare alla nostra finestra per un saluto. Come chi raccoglie un passerotto caduto dal nido e lo cura con il solo obiettivo di liberarlo appena pronto.
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