Il fenomeno della separazione di coppie con figli in età infantile ed adolescenziale è sempre più diffuso. La tendenza è quella di “normalizzare” la fase di separazione, con il rischio di semplificare eccessivamente un momento nevralgico, seppur non necessariamente traumatico e patologico.
Separazione: una fase difficile per genitori e figli
Partiamo da una premessa semplice ma essenziale: la separazione è una fase critica per i genitori e per i figli.
Ogni crisi racchiude un potenziale di crescita, seppur non indolore, e un margine di rischio.
La separazione porta con sé sofferenza per i genitori e per i figli. Ciò non è problematico, ma è fisiologico. Dovremo preoccuparci se la separazione dei genitori lasciasse apparentemente indifferente il nucleo familiare.
Anche, laddove, corrisponda razionalmente alla scelta migliore per il benessere della famiglia, la separazione è un processo che emotivamente richiede di essere accettato ed elaborato.
Non esiste un manuale di istruzioni generale ma in queste righe forniremo brevi input di sensibilizzazione per affrontare e comprendere le dinamiche psicologhe ed emotive che possono innescarsi tra genitori e figli. Non prenderemo in considerazione le situazioni estreme (ad es. la violenza domestica) che richiedono altri tipi di approfondimenti.
Come comunicare ai figli la scelta di separarsi?
La coppia viaggia su due binari interconnessi: la dimensione sentimentale e la dimensione genitoriale, l’una influenza ed è influenzata dall’altra.
Ciò significa che se, esiste una crisi di coppia, è umano, naturale e fisiologico, che ciò avrà delle ripercussioni sulla genitorialità. Parallelamente, se esistono divergenze e tensioni sul piano della genitorialità, ciò turberà anche gli equilibri di coppia.
Il compito più difficile per i genitori che scelgono di separarsi è quello di smettere di essere coppia ma continuare ad essere coppia genitoriale.
Rispetto a “come comunicare” ai figli la decisione di separarsi, è chiaro che esiste una grande variabilità di condizioni e di fattori, ma possiamo individuare tre indicazioni fondamentali:
- Comunicare insieme ai figli la decisione. Può essere rischioso quando uno dei
due genitori anticipa ai figli la scelta o quando, un genitore rimane fuori ed estraneo
dalla comunicazione con i figli. - Calibrare i tempi della nuova organizzazione: è importante considerare i tempi dei
figli. Ciò significa, renderli partecipi della nuova organizzazione pratica e garantirgli
una gradualità, un tempo di familiarizzazione con il cambiamento. - Rassicurare i figli su due aspetti: la continuità dell’affetto tra i genitori e la
continuità del loro rapporto con entrambi. Trasmettere la sicurezza che gli adulti
sapranno gestire il momento.
Come gestire la separazione con i figli?
Non si può scindere il piano comportamentale dal vissuto emotivo. Quando gli adulti sono troppo feriti ed arrabbiati devono prendersi cura della propria sofferenza per proteggere sé stessi ed i figli.
È essenziale che gli adulti possano stabilire un confine chiaro tra sé e i figli.
Un figlio non deve essere coinvolto eccessivamente in dinamiche di coppia che non lo riguardano. Ciò, purtroppo, spesso è molto difficile.
Nelle separazioni conflittuali la tendenza è quella di triangolare i figli, coinvolgendoli nel conflitto di coppia.
Tra le dinamiche di triangolazione più comuni ve ne sono tre:
- Un genitore chiede al figlio la sua alleanza contro l’altro genitore, denigrandolo e qualificandolo. In tal caso il figlio diviene protettore di un genitore e giudice dell’altro, quindi smette di essere figlio e viene assorbito di un ruolo che non gli appartiene.
- Il figlio viene investito da parte di entrambi i genitori del ruolo di “mediatore”, colui che filtra la comunicazione tra i genitori, che media gli scambi comunicativi.
Anche in questa circostanza il figlio perde lo spazio per esprimere i propri bisogni ed assorbe una funzione che non gli spetta. - Il figlio sviluppa un sintomo per deviare il conflitto di coppia. In questa condizione il figlio si centralizza assumendo la funzione di “capro espiatorio”. Si “sacrifica”, si identifica nella posizione di “colui che è il problema” per proteggere i genitori dai loro conflitti, attirando su di sé l’attenzione.
Vediamo, come, nelle tre condizioni menzionate ciò che sono venuti meno sono i ruoli e i confini.
Per affrontare la fase della separazione tutelando la salute dei figli, e la propria, sarà
quindi fondamentale:
- Porre un confine tra genitori e figli.
- Mantenere la chiarezza dei ruoli.
- Garantire ai figli il loro diritto e bisogno ad avere rapporti con entrambi i genitori.
- Garantire ai figli rapporti con entrambe le famiglie di origine dei genitori.
- Non denigrare l’altro genitore.
- Non coinvolgere i figli in dinamiche adulte (ad esempio questioni economiche, eventuali tradimenti ecc.).
Quali conseguenze negative può comportare sui figli la separazione?
La separazione di per sé non rappresenta un fattore che crea effetti negativi. In molte storie familiari ha aiutato la famiglia a generare equilibri più salubri.
Ciò che può contribuire, in una prospettiva mutifattoriale e non come unica causa, a determinare sintomi di malessere nei figli è la mal gestione della separazione.
Un figlio che sente di non essere visto nella propria soggettività, nei suoi bisogni, sarà inevitabilmente un adulto che porterà con sé dei nodi emotivi irrisolti da sciogliere.
Tra le manifestazioni psicologiche ed emotive che possiamo osservare nei vissuti dei figli
triangolati nei conflitti tra i genitori troviamo:
- Disturbi di ansia e dell’umore;
- Disturbi del comportamento alimentare;
- Dipendenze comportamentali e tossicodipendenze;
- Difficoltà relazionali;
- Disagi nel costruire la propria autonomia e identità.
Un genitore che strumentalizza il figlio per ferire l’ex partner non è cattivo ma è un genitore che ha bisogno di aiuto.
Riconoscere ed accettare la possibilità di un supporto psicologico può prevenire l’esacerbazione di disagi profondi che coinvolgono tutti ed in particolare i figli.
Dott.ssa Giulia Gregorini
Psicologa dell’Educazione e dello Sviluppo
Psicoterapeuta familiare
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