Sempre più padri italiani, sospettando una possibile infedeltà coniugale da parte della propria moglie/compagna, richiedono di fare un test genetico di accertamento di paternità. I dati in merito ai risultati ottenuti non sono per nulla confortanti: è emerso, infatti, che il 15% dei secondi figli ha un padre biologico diverso da quello legale; tale percentuale arriva addirittura a quota 25 nel caso di terzi figli. Insomma, per una fetta consistente di padri, non si è trattato di un mero sospetto infondato e basato sulla gelosia o sulla malafede, ma di un dubbio assolutamente legittimo. Di conseguenza si sono anche snellite le procedure di disconoscimento della paternità.
I dati registrati dal centro studi dell’Associazione avvocati matrimonialisti italiani (Ami) parlano chiaro: negli ultimi 6 anni sono aumentate in maniera significativa le richieste di accertamento della paternità, tramite il ricorso a test genetici appositi. D’altra parte, come sottolinea l’avvocato Ettore Gassani, presidente dell’Ami, contestualmente alle analisi di laboratorio è aumentata anche in maniera considerevole (circa del 30%) la vendita sul web di kit domestici per l’accertamento della paternità.
Snellimento delle procedure per il disconoscimento di paternità
Da un punto di vista legislativo, come già accennato, dal 2012 è entrata in vigore una norma atta a semplificare le procedure per il disconoscimento di paternità in nome del principio di verità. A questo punto una domanda nasce spontanea: è possibile che siano aumentati i tradimenti a causa delle nuove opportunità di incontro offerte dai social network?
Il test genetico per l’accertamento della paternità
Il test genetico per l’accertamento della paternità non è un esame invasivo, ma consiste in un semplice prelievo di sangue, da cui verrà in seguito estratto un campione biologico di DNA. Quindi si procederà con una fase di confronto dei 2 Dna (del padre e del presunto figlio), al fine di rilevare se l’uno deriva dall’altro oppure no.
Le nuove tecnologie consentono di effettuare questo test anche quando il figlio è ancora nel ventre materno; in questo caso si preleva un campione di sangue alla gestante. Quest’ultimo, infatti, contiene in sé il materiale genetico del feto. Successivamente si procede come precedentemente descritto.
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