Se nei paesi Occidentali il Coronavirus è una minaccia soprattutto per adulti e anziani, nei paesi provati dalla guerra la pandemia ha terribili conseguenze anche sui bambini. È il caso della Siria, paese che da 9 anni vive la guerra civile e che presenta un elevato tasso di povertà tra la popolazione. Qui il Covid-19 fa paura e, sebbene i casi ufficiali siano molto pochi (42 contagiati e 3 morti), le conseguenze della diffusione del virus saranno molteplici.
Lo shock del lockdown
Anche in Siria le formule di lockdown adottate prevedono il coprifuoco, la chiusura delle scuole e il divieto di spostarsi da una provincia all’altra. A causa della guerra, già un milione di bambini siriani non andavano a scuola. Per chi invece poteva andarci, la chiusura degli istituti equivale all’interruzione degli studi. Solo in pochissimi casi, infatti, la formazione è portata avanti attraverso canali televisivi che trasmettono lezioni di arabo, matematica e scienze.
La portavoce di Unicef Italia spiega che in Siria i bambini vivono abitualmente in uno stato di shock permanente causato dalle guerre e della carestia e che ora non può che peggiorare per il lockdown. Per molti di loro, aumenta anche il rischio di contrarre altre malattie che prima erano curate grazie agli aiuti sanitari, interrotti ormai da due mesi. Una situazione tragica in cui si fatica a vedere possibilità di miglioramento finché non verranno allentate le restrizioni: nel Paese i medici sono pochi e le strutture non sono preparate ad affrontare un alto numero di malati.
Crisi sanitaria, idrica, umanitaria in Siria
Infatti, dall’inizio della guerra, nel 2011, due terzi degli operatori hanno lasciato il Paese e solo la metà degli ospedali (59 su 111) sono operativi, anche se in forte crisi di approvvigionamenti medici. Anche le terapie intensive disponibili sono meno di 500 in tutto il territorio. Come se non bastasse già la guerra.
Unicef è subito scesa in campo per supportare i ministeri della Salute e gli operatori sanitari nei paesi del Medio Oriente, dove i bambini sono la categoria più a rischio. Prima della diffusione del Covid-19 erano 25 milioni i bimbi a rischio in questa area ed è previsto che il numero aumenti di altri 4 milioni a causa della crisi economica e sanitaria attuale.
Nel Nord-Est del Paese 500.000 persone sono senza acqua potabile, ulteriore problema di fronte alla diffusione del virus. Le prime regole contro il contagio non possono essere rispettate in quanto gli abitanti della zona non possono nemmeno lavarsi le mani. Ad oggi, l’associazione Azione contro la Fame ha già avviato ventinove azioni di approvvigionamento idrico, ha fornito servizi igienico-sanitari a sette province e ha realizzato due progetti volti alla riabilitazione e al miglioramento dei ricoveri, oltre a delle attività di formazione a Damasco.
Fonte immagini : Reuters
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