I genitori hanno il diritto di poter prendere visione ed estrarre una copia dei compiti in classe svolti dai figli: con una decisione a suo modo storica, il TAR del Lazio ha dato ragione a una madre che, in un Liceo di Roma, si era vista negare dal preside l’accesso alle prove della figlia.
Diritto di accesso ai compiti in classe
La sentenza è datata 19 giugno 2018 ed è destinata a far discutere, oltre che a creare un precedente: il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha accolto il ricorso di una madre contro il diniego di un preside al poter visionare i compiti in classe della figlia.
E la decisione è importante perché ha valore anche nel caso di coppie di genitori separati, stabilendo che la donna aveva il diritto di leggere (ed eventualmente estrarne copia) le suddette prove, nelle quali la ragazzina aveva riportato delle insufficienze.
Insomma, il TAR ha smentito il dirigente scolastico che aveva motivato il suo rifiuto con il fatto che l’accesso a tali documenti “è consentito solo a conclusione del processo valutativo” e che i genitori possono prendere visione dei compiti nel corso dei colloqui periodici con il corpo docente.
Le motivazioni della sentenza del TAR
A nulla è valsa la giustificazione, fornita dall’istituto capitolino, che l’esito delle prove può essere visualizzato anche online sul sito web della scuola.
Insomma, la decisione del TAR è in parte rivoluzionaria dato che ha riconosciuto pure il diritto dei genitori degli alunni a poter consultare non solo le prove in aula ma anche tutte le attestazioni ufficiali che vengono annotate nei registri di classe.
Nella sentenza si legge infatti che “i genitori sono titolari di un interesse qualificato” nel poter visionare i compiti dato che è funzionale all’obbiettivo di verificare eventuali carenze nel processo educativo e prendere adeguati provvedimenti, a patto ovviamente che le suddette prove abbiamo una “diretta relazione con gli studi compiuti dai figli”.
Non solo: per il TAR non ha senso che si possa prendere visione solamente al termine del processo di valutazione, dato che la madre in questione aveva chiesto legittimamente copia delle prove a gennaio, durante gli scrutini intermedi.
Infine, nel dispositivo della sentenza, l’amministrazione scolastica è stata pure condannata al pagamento delle “spese di lite” con la donna che ammontano a 1500 euro.
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