L’idronefrosi o sindrome del giunto pielo-ureterale, è una malattia congenita che colpisce circa un bambino su 1000/1500.
Questa consiste nella dilatazione dei pelvi renali e dei calici renali, causata da una anomalia congenita nel collegamento tra i reni e l’uretere. Spesso è unilaterale e colpisce prevalentemente i maschietti. Viene spesso diagnosticata già nel periodo gestazionale e viene trattata a seconda della specifica casistica, dopo la nascita.
Idronefrosi fetale, un’ecografia per confermare il sospetto
Una volta sospettata la patologia in epoca gestazionale, dopo la nascita, va valutata attentamente la possibilità di eseguire altre indagini per escludere o confermare il sospetto. Per questo motivo, a due/tre giorni dalla nascita, viene effettuata una ecografia che mira ad avere una diagnosi sicura, dove vengono studiati vescica, reni, diametro della pelvi renale ed eventuale dilatazione dei calici renali.
In alcuni casi si rivelano necessarie anche la scintigrafia renale sequenziale, l’urografia e la cistouretrografia minzionale, per capire se la causa è da cercare nel reflusso urinario.
Idronefrosi, quando si scopre in età pediatrica
Nonostante la diagnosi prenatale faccia passi da gigante, ci sono casi un cui l’idronefrosi si manifesta tardivamente. In queste situazioni non risulta facile sospettare un disturbo a carico dei reni e dell’apparato urinario.
Alcuni dei sintomi che possono aiutarci a sospettare che si tratti di idronefrosi sono:
-minzione dolorosa
-dolori al basso ventre
-vomito
-nausea
-temperatura corporea alterata
-mal di schiena
-minzione difficoltosa
Esami diagnostici per l’idronefrosi
Tra gli esami che consentono la diagnosi, vi sono la cistografia minzionale che prevede il posizionamento di un catetere vescicale, il riempimento della vescica con un liquido di contrasto e l’esecuzione di alcune radiografie; la cistoscintigrafia che utilizza sostanze radiomarcate che possono essere inserite nella vescica o iniettate e consente la diagnosi di un reflusso vescico-ureterale; la scintigrafia renale, che viene eseguita grazie a delle sostanze radiomarcate iniettate per via endovenosa e consente lo studio della funzionalità renale.
La terapia dell’idronefrosi
La terapia per l’idronefrosi, è spesso chirurgica e si esegue per via endoscopica a seconda della gravità del problema o dell’ostruzione delle vie urinarie. Tuttavia in alcuni casi rari, cronici e recidivi, nonostante l’intervento chirurgico, non si recupera appieno la funzionalità renale. Nei casi meno gravi basterà sottoporre il piccolo a cura antibiotica e tenere sotto controllo l’evolversi della situazione, monitorando ogni piccolo peggioramento ed intervenendo precocemente per salvaguardare la funzionalità renale.
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