La storia del piccolo Enea, lasciato dalla mamma nella Culla per la Vita ha commosso l’opinione pubblica e molti esponenti del mondo dello spettacolo sono intervenuti sull’argomento.
E dopo le numerose polemiche, Luciana Littizzetto ha scritto una lettera di solidarietà, ricca di carica emotiva e sentimento.
L’abbandono di Enea e la lettera della Littizzetto
La storia di Enea è stata ed è ancora sulle pagine dei principali quotidiani, sulle riviste e siti: lasciato dentro la termoculla del Policlinico di Milano nel giorno di Pasqua, questo bimbo di pochi giorni è diventato celebre suo malgrado.
Ma forse, come specifica Luciana Littizzetto nella sua lettera, non bisogna parlare di abbandono, ma di affido: infatti Enea non è stato lasciato per strada o in un cassonetto della spazzatura come spesso successo in queste situazioni, ma presso la Culla per la Vita . Si tratta di un luogo sicuro, in cui una culla calda e un’equipe di medici è pronta ad accogliere i bimbi lasciati in pieno anonimato.
Accanto ad Enea, una lettera, quella della mamma, che sottolinea che il bimbo gode di ottima salute e ha già fatto i primi accertamenti post-nascita. E proprio con una lettera il piccolo viene salutato anche da Luciana Littizzetto, che coniuga un po’ della sua solita ironia con un’elegante delicatezza sul tema, evidenziando come sia sbagliato parlare di abbandono. La mamma di Enea ha affidato suo figlio a chi possa garantirgli un futuro migliore, che probabilmente lei non sarebbe stata in grado di dargli.
La Littizzetto, che ha due ragazzi in affido, pone l’accento sulla scelta della madre, allo stesso tempo coraggiosa e dolorosa: affidando il proprio bambino alla Culla per la Vita, infatti, la donna ha messo nelle mani di un’altra persona, un’altra mamma, il futuro del proprio bambino. Si tratta quindi di un gesto di fiducia nel prossimo e di amore verso la propria creatura e non di un freddo abbandono.
Una lettera ricca di sentimento
Tra le righe della lettera si trovano pertanto parole bellissime, di rispetto verso la donna che si è vista costretta a tale gesto: “Non so perché tua mamma l’abbia fatto e non dobbiamo chiedercelo, al contrario dobbiamo custodire il suo segreto con rispetto, silenzio e compassione” scrive la Littizzetto, ricordando che il parto anonimo è un diritto delle donne e andrebbe rispettato il loro anonimato, così come quello dei figli.
E ancora, si può leggere: “La tua mamma dopo averti tenuto in pancia per 9 mesi, ha pensato che saresti stato meglio lontano da lei. Credo che questa decisione le sia costata tanto“.
E aggiunge ancora: “Non credere mai a quelli che dicono che la tua mamma ti ha abbandonato. Ti ha affidato, sono due verbi molto diversi, sai? Abbandonare significa mettere in pericolo, fregarsene di cosa succederà dopo, che non te ne importa niente. Affidare invece è diverso. È avere così tanta fiducia nell’altro da chiedergli di custodire la cosa che ti sta più a cuore“
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