Settembre. Si ritorna. Si ricomincia. Riaprono le scuole e pure gli uffici. Per tanti genitori (anzi no, scusate, per tante mamme) si riapre anche l’annosa questione del restare a casa e accudire i figli a tempo pieno o impegnarsi in altro che potrebbe essere, ad esempio, il lavoro.
In realtà la questione è molto più complessa di come l’ho scritta sopra perché, in realtà, per molte mamme questa non è una scelta, ma una scelta obbligata e quindi non è affatto una scelta.
Perché?
Perché se è vero che molte donne amano lavorare, si sentono realizzate attraverso il lavoro, vogliono lavorare perché a loro piace lavorare o, semplicemente, impazzirebbero a passare le giornate chiuse in casa, è altrettanto vero che molte altre donne di quel lavoro hanno necessità.
Perché purtroppo non sempre quella di lavorare è una possibilità. Non sempre una, tra le tante, infinite strade. Spesso lavorare è un bisogno, qualcosa di cui si ha bisogno, se si vuole far crescere i propri figli, mangiare, avere un tetto sopra la testa.
E allora, cosa diciamo a queste donne?
Che sono irresponsabili, madri degeneri e tutt’altro che attente perché lasciano i loro figli all’asilo quando questi hanno solo una manciata di mesi? Che non dovevano farlo nemmeno un figlio se poi lo “parcheggiano” per lavorare. Che sono delle egoiste e che non sanno far altro che pensare a se stesse?
O per una volta proviamo a smetterla di sparare sentenze e cerchiamo di recuperare un po’ di quella bellissima cosa che è l’empatia? Ecco, dovremmo ricordarci questo prima di giudicare: dovremmo ricordarci non solo che la scuola non è un parcheggio ma un luogo di crescita e condivisione ma soprattutto che spesso per una donna, quel “parcheggio” è l’unica soluzione per dare un futuro dignitoso ai propri figli. E a sé stesse.
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