Nuovi studi scientifici sull’infertilità hanno messo in mostra dati che sembrano testimoniare un allungamento dell’età fertile femminile di oltre due anni.
Queste indagini hanno però gettato una luce differente anche sull’invecchiamento del seme maschile evidenziando come l’avanzamento di età incida sulla qualità di quest’ultimo, e comprometta le possibilità di avere figli. Numerosi altri fattori poi paiono avere un’influenza determinante sul ciclo riproduttivo, a cominciare in senso negativo dalle plastiche.
Due anni in più per diventare madri
Il Journal of the American Medical Association ha pubblicato una ricerca scientifica condotta negli Stati Uniti che attesta come l’età utile per avere un figlio per ogni donna passi dai 35 ai 37.1 anni.
Sarebbero perciò oltre due anni in più quelli a disposizione di ogni individuo di sesso femminile per cercare di divenire mamma. L’indagine ha considerato più di sessant’anni di tendenze di vita e comportamento giungendo ad una conclusione piuttosto controversa.
La fatidica soglia dei 35 anni era infatti considerata l’avvio della così detta età ad alto rischio, e questo numero era divenuto quasi un valore ossessivo e vincolante.
Di fatto però le basi scientifiche su cui le precedenti ricerche poggiavano erano vecchie e nettamente superate. Questa nuova indagine riesce finalmente a gettare luce su alcuni cambiamenti nel ciclo riproduttivo.
Primo fra tutti appunto l’elevamento dell’età media della menopausa, e in maniera subito secondaria anche un decremento dell’età della prima mestruazione.
L’infertilità dipende anche dall’uomo
Uscendo ancora una volta da credenze popolari radicate e piuttosto antiquate si è finalmente riconosciuto che buona responsabilità di una potenziale infertilità dipende anche dal seme maschile.
Decade infatti grazie a queste nuove ricerche l’idea secondo la quale un uomo può diventare padre a qualsiasi età. Lo sperma infatti va incontro ad una progressiva degenerazione in termini di qualità con l’avanzare dell’età di un soggetto maschile.
È addirittura confermato da alcuni recenti studi che bambini nati da padri molto in avanti con l’età anagrafica sviluppino in percentuali maggiori problemi di salute anche piuttosto gravi.
La colpa è anche della plastica
Ulteriore elemento che oggi dimostra come l’infertilità non sia colpa esclusiva della donna è l’attestata responsabilità che hanno sul ciclo riproduttivo anche le plastiche, purtroppo sempre più presenti nell’ambiente con cui veniamo a contatto quotidianamente.
Sembra che ogni settimana in media ciascuno di noi vada ad ingerire addirittura il quantitativo in plastica di una carta di credito. Chiaramente queste materie plastiche altamente nocive vanno ad inficiare sulle possibilità di avere un bambino, riducendo le opportunità di restare incinta e alzando i rischi per i feti.
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