Era da un decennio che un’indagine ufficiale sulla fertilità mondiale non veniva condotta; tuttavia quella che, di recente, ha divulgato l’OMS ha mostrato un quadro tutt’altro che positivo: il 17,5% della popolazione adulta (1 persona su 6) risulta affetta da infertilità.
Un dato allarmante che non risparmia le zone più ricche e avvantaggiate del pianeta e che pone l’attenzione sulla necessità di nuove e più facilitate forme di accesso pubblico alla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA).
Cosa si intende per infertilità
“Il rapporto rivela un’importante verità: l’infertilità non discrimina nessuno“, ha affermato il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS. “L’enorme percentuale di persone colpite mostra la necessità di ampliare l’accesso alle terapie per la fertilità e di garantire che questo problema non sia più messo da parte nella ricerca e nella politica sanitaria, in modo che siano disponibili modi sicuri, efficaci e convenienti per ottenere la genitorialità per coloro che lo cercano.“
L’infertilità, a livello scientifico, viene descritta come la condizione per cui, a seguito di regolari rapporti sessuali non protetti, reiterati per almeno 12 mesi, non risulti possibile conseguire uno stato di gravidanza.
Il problema, che può derivare da patologie femminili o maschili (ma anche di entrambi o di nessuno), ha conseguenze dirette sull’emotività e il benessere della coppia, con ripercussioni fisiche e psicologiche.
Un fenomeno tanto acuto e generalizzato richiede un intervento a livello pubblico che, da un lato, sensibilizzi alla prevenzione e alla diagnosi precoce e, dall’altro, faciliti l’accesso alle cure, incentivando la ricerca e l’applicazione delle moderne tecniche di procreazione assistita (ancora oggi gestite, in gran parte, da istituti privati, con conseguenti costi proibitivi che discriminano, di fatto, il diritto alla genitorialità).
Infertilità: cos’è cambiato in un decennio
Secondo l’ultimo rapporto dell’OMS la situazione risulta, dunque, peggiorata nell’arco di appena un decennio. La pandemia ha di certo avuto una sua responsabilità, tuttavia, le indagini svolte sulla sessualità hanno evidenziato un processo innescato anche dal ritardo generazionale e dal peggioramento delle condizioni economiche.
Donne e uomini, indistintamente, si approcciano alla genitorialità più avanti rispetto alla generazione precedente: stabilizzare la propria posizione personale e professionale intorno ai 35/40 anni è, ad esempio, una delle cause latenti del problema.
Inoltre, gli stressanti stili di vita sono responsabili dell’invecchiamento fisico precoce, da cui conseguono fenomeni di pre-menopausa e di difficoltà riproduttiva maschile.
Si rendono necessarie, dunque, campagne di sensibilizzazione globali, pari a quelle che, in passato, furono organizzate a favore della contraccezione.
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