Il Jobs Act (decreto legislativo 148/2015), ovvero la riforma del lavoro attuata dal Governo Renzi che è in vigore dal 24 settembre dello scorso anno, prevede anche per i neopapà la formula del congedo parentale a ore, allineandosi in tal modo a quanto già avviene negli altri Paesi europei. Questo provvedimento consentirà anche ai padri (non esclusi gli adottivi e gli affidatari) di essere coinvolti in maniera più attiva e proficua nella crescita e nell’accudimento del bebè.
Cosa prevede il Jobs Act nel dettaglio
Il decreto ha in effetti trasformato in permanenti le misure adottate in via sperimentale per il solo anno 2015; in particolare il Jobs Act prevede che il padre possa assentarsi per sette mesi dal lavoro fino ai 12 anni del proprio figlio, potendo contare sul 30% dello stipendio fino ai 6 anni di età del bambino (prima esso era fruibile fino ai 3 anni).
Tuttavia l’indennizzo può essere prolungato fino agli 8 anni qualora il reddito annuo risulti inferiore a 16mila euro.
In altri termini, grazie al decreto legislativo in oggetto sia la mamma che il papà potranno inoltrare domanda di congedo parentale su base oraria all’Inps, per quanto nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (Ccnl) non sia esplicitamente indicata questa modalità di fruizione. Va detto a tal proposito che “Il genitore ha l’onere di comunicare al datore di lavoro la fruizione del congedo parentale con due giorni di preavviso indicando l’inizio e la fine del periodo di congedo”.
Compatibilità del congedo parentale a ore
Ricordiamo infine che il congedo parentale a ore è compatibile con la richiesta di permessi e di riposi regolati da disposizioni diverse dal Testo Unico, come ad esempio quelle previste dalla Legge 104/1992 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).
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Stefano Stefano Gregnanin