Ogni bambino ha i suoi tempi di apprendimento nel muoversi, nel camminare e anche nel parlare. Come ci sono piccoli precoci, ce ne sono anche altri che necessitano di un periodo più lungo per acquisire proprietà di movimento e di linguaggio. Fare i paragoni, quindi, serve poco o nulla, ma nella maggior parte dei casi ciò è inevitabile. Soprattutto se i “ritardi” del proprio figlio sono evidenti e prolungati.
Naturalmente, in questi casi, la prima cosa da fare è parlarne con il pediatra di famiglia o, se necessario, con uno psicologo. Vediamo nel dettaglio quando, se un bambino parla male, si incespica nell’esprimersi e ripete le sillabe, sia lecito pensare a una forma di balbuzie.
La balbuzie infantile è una tappa nel processo di acquisizione del linguaggio, che si manifesta generalmente tra i 1 e 3 anni. In questa fase non è il caso di allarmarsi se il bimbo spezza le frasi o prolunga le sillabe, sono disfluenze tendenzialmente nella norma. In 4 casi su 5, infatti, la balbuzie si risolve in maniera spontanea nel giro di 3-5 anni al massimo dalla sua comparsa. E’ un fenomeno più frequente nei maschi, solitamente per fattori ereditari e, in ogni caso, non va sottovalutato, ma, anzi, tenuto sotto controllo.
Generalmente la balbuzie si manifesta in seguito a casi significativi o eventi traumatici, come la nascita di un fratellino, la separazione dei genitori ecc…, oppure per sentimenti come vergogna o voglia di sbagliare.
Per il bambino può essere frustrante, perché lui sa con precisione cosa vorrebbe dire, ma non ci riesce. Per questo, il genitore non dovrebbe interrompere il bimbo, ma permettergli di esprimere fino in fondo il concetto, senza perdere la pazienza o sgridarlo inutilmente.
Se verso i 6 anni il problema persiste, è opportuno consultare uno specialista, senza smettere di avere un atteggiamento comprensivo e incoraggiante.
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