Non tutti conoscono la storia di Giada, ma noi oggi vogliamo raccontarvela. Aveva 15 anni, e parliamo al passato perché la piccola Giada non ce l’ha fatta. Il racconto di mamma Raffaella su Vanity Fair è un tuffo al cuore, lacrime amare di una vita spesso ingiusta, soprattutto quando a farne le spese sono i bambini.
La storia di Giada
Giada aveva un’encefalomiopatia mitocondriale. Ha vissuto felice la sua breve vita fino all’età di sei anni ma poi sono arrivati i dolori, il calvario per una muscolatura che ha ceduto alla malattia. Inciampava, cadeva e tutto diventata un ostacolo. È stata ricoverata anche per anoressia infantile, perché aveva smesso di mangiare.
Dopo la diagnosi della malattia, e la notizia che poteva sopravvivere per al massimo un mese, è stato deciso di affrontare le cure in casa, con il Vidas, l’assistenza gratuita ai malati terminali.
L’ultima notte di Giada
Raffaella racconta su Vanity Fair l’ultima notte di Giada in un vortice di emozioni.
«Quella notte continuava a togliersi la mascherina per darmi baci. – racconta – “Ancora uno, dai, mamma”. Poi cercava di parlare ma non riusciva. Le ho detto: ti faccio le domande, se è sì guardi me, se è no guarda la finestra.
Hai male alla testa? No.
Hai male da qualche parte? No.
Hai sete? Sì.
Per la prima volta non sapevo cosa fare. Per la prima volta avevo paura. Ho telefonato alla dottoressa. “Dalle qualche goccia, arrivo”.
Ho chiamato mia mamma, le mie sorelle. La dottoressa ha detto: “Il cuore c’è ma non ce la fa più, è questione di poco. La sediamo?”.
Ero in confusione. “Vieni, andiamo un attimo in cucina”, mi fa. Quando torniamo da lei, Giada ha le mani nere. “Tirale via la mascherina, lasciala libera”. Mia sorella è corsa a scuola a prendere la piccola.
Giada l’ha vista. Prima di chiudere gli occhi ha fatto per mandare un bacio.
Poi il viso si è disteso, ha sorriso, è morta».
Il racconto straziante di Raffaella aiuta a capire quanto sia difficile vedere soffrire la propria figlia e decidere che cosa fare pur sentendosi impotenti. Un anno e mezzo in casa con le cure di assistenza sanitaria gratuita hanno evitato alla piccola Giada le corse in ospedale dandole quell’amore di cui aveva bisogno.
«Sono sicura che abbia resistito perché era circondata dall’amore – confessa – Pazienza la carrozzina, la macchinetta per la ventilazione, le mani che non si muovevano più. Sorrideva.»
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