La paura come reazione emotiva è una risposta di allarme dell’organismo provocata da uno stimolo sia esterno che interno, è collegata all’istinto di sopravvivenza e per questo è un dispositivo molto importante.
Può scatenare sia comportamenti di “fuga” sia di “attacco” (ad esempio alcune risposte aggressive dei bambini possono nascere proprio dalla paura), oppure può bloccare e “congelare”.
Le paure caratterizzano l’essere umano per tutto l’arco della vita e nei bambini si manifestano con una discreta gamma lungo tutto il percorso evolutivo. Ne abbiamo parlato con il dottor Emanuele Grilli, psicologo di MioDottore
Quali sono i timori più comuni dei bambini (divisi per età)?
Lo specialista risponde citando Anna Oliverio Ferraris (Psicologia della Paura; Boringhieri,1980) che definisce diversi timori.
Dai 6 mesi ai 6 anni circa, esistono paure degli estranei, degli animali, dell’oscurità, temporali e mostri immaginari.
Queste poi assumono una fisionomia diversa in relazione alla maturazione psicofisica, ad esempio dai 6 fino ai 12 anni, compare la paura dei fenomeni irrazionali, della morte e della guerra.
Arrivando all’adolescenza, si teme di fare brutte figure in pubblico o dell’insuccesso scolastico. Alcune paure naturalmente scompaiono e diminuiscono, mentre altre persistono e possono diventare un problema emotivo da superare per evitare che la vita si possa congelare emotivamente in una situazione di stallo.
Per i primi 3-4 mesi fino ai tre anni, ciò che può spaventare un bambino svanisce con lo sviluppo, lasciando il posto ad altre paure evolutive. I rumori forti, gli spostamenti improvvisi di oggetti e persone, il dolore e l’isolamento sono i più comuni. Poi subentra la paura dell’ignoto. Verso i due anni fino ai quattro compaiono la paura del buio e degli animali.
Nel caso della paura verso gli animali esiste una causa innata (l’animale è qualcosa di ignoto) e si potrebbero verificare comportamenti che allarmano il bambino (se ad esempio l’animale scappa improvvisamente o emette un forte rumore quando si avvicina).
I timori e le paure evolutive si evolvono e lasciano spazio a una sempre maggior fiducia in se stessi unita a un senso di controllo e padronanza dell’ambiente. Questa condizione psico-emotiva si costruisce se il bambino ha stabilito un attaccamento sicuro ed efficace con le proprie figure genitoriali, necessaria nell’infanzia per permettere una futura autonomia.
Il ruolo delle figure di attaccamento in relazione alle paure infantili è fondamentale, se il genitore si mostra sicuro, potrà trasmettere al figlio quella sufficiente serenità per affrontare le difficoltà a misurarsi con paure interne e con l’ambiente. Genitori eccessivamente prudenti, apprensivi e iperprotettivi tendono a trasmettere ansia e insicurezza.
Come può un genitore aiutare ad affrontare la paura? Ha senso utilizzare premi in questi casi?
Innanzitutto è fondamentale poter parlare di coppia genitoriale più che di singolo genitore, fare squadra è importante fin da subito, in quanto il piccolo è una “spugna” e fa proprie le istanze emotive di entrambi.
Quando è possibile creare i presupposti per un legame sicuro, emotivamente coerente e prevedibile, il bimbo può affrontare e superare qualsiasi paura evolutiva, anche quelle di natura traumatica. Incoraggiare il piccolo è il primo e unico premio efficace, essere presenti con un “Bravo! Sei stato davvero coraggioso!” (naturalmente in base a cosa si sta affrontando).
Quali sono invece gli errori più comuni che si compiono nel cercare di far superare al bambino le sue paure? Ci sono frasi da non dire?
È bene evitare di colpevolizzare, giudicare il figlio o metterlo in competizione con altri bambini/fratelli/sorelle.
La miglior strategia possibile è l’empatia, calarsi nei panni del bambino, dando conforto, ascolto e sostegno. Ascoltare e rispondere in modo sintonico, attiva riferimenti incoraggianti.
Molti bambini manifestano una paura per le bambole o per gli oggetti parlanti: come mai? Quando questo tipo di fobia rischia di diventare “invalidante”? Come intervenire?
Rispetto a quelle degli adulti, le fobie dei bambini hanno una vita molto più breve e sono più varie e imprevedibili. Un sistema nervoso immaturo, una comprensione limitata della realtà, unita a esperienze “paurogene” precedenti, sono le cause principali delle fobie passeggere infantili.
Le bambole e/o oggetti parlanti fanno parte di quell’insieme di elementi che rappresentano uno stimolo nuovo e ignoto, quindi possono provocare risposte di allarme, molto dipende anche dal tipo di oggetto “parlante”, un volume troppo alto, un tono stridulo e “minaccioso” (per il bambino).
L’intervento più adeguato da parte dei genitori è mantenere con un atteggiamento emotivo di equilibrio: risposte ansiose, di allarme o iperprotettive possono inviare un messaggio di rinforzo delle difficoltà.
C’è un “tempo massimo” entro cui la paura si dovrebbe risolvere da sola?
Nel mondo relazionale del bambino le esperienze di esplorazione della realtà (accompagnate dalla presenza genitoriale rassicurante, ma non invasiva) si susseguono velocemente, nuove esperienze creano nuovi adattamenti. L’intensità di alcune esperienze traumatiche può riverberarsi nella mente del bimbo per molto tempo. L’aiuto e il sostegno sicuro e rassicurante del genitore possono lenire moltissimo dolore e paura.
Separazione: cosa devono fare i genitori per aiutare i loro bambini ad affrontare con serenità il momento? Quali sono i cambiamenti nel comportamento dei bambini da tenere monitorati?
L’atteggiamento più sano è quello di rassicurare e proteggere il bambino, dimostrargli con parole e comportamenti che i genitori continuano a essere presenti, seppure in modo diverso.
Purtroppo, spesso inconsapevolmente, i bambini diventano strumento di conflitto tra genitori in fase di separazione con il rischio che questi si sentano emotivamente soverchiati da tale situazione. A volte i piccoli per manifestare disagio possono avere comportamenti regressivi e tornare a manifestare paure evolutive che avevano già superato (ad es. la paura del buio, degli estranei, della solitudine notturna).
Un altro segnale di disagi e malesseri dei bambini può essere individuato nei loro disegni: come interpretarli?
Interpretare in modo corretto il disegno infantile è sempre e soltanto appannaggio di uno specialista. La vita emotiva di un bambino viene manifestata intensamente attraverso il linguaggio del disegno e delle immagini. Chiedere spontaneamente e con sana curiosità ai figli il significato di taluni disegni può dare delle indicazioni importanti sulla qualità del loro tessuto emotivo.
Spesso i bambini che provano ansia o timori non lo manifestano apertamente ma attraverso disturbi psicosomatici come nausea e mal di pancia: come interpretare il problema e come aiutarli?
I bambini possono imparare a parlare dei loro disagi, a dare un nome a ciò che provano, se sono presenti figure genitoriali in grado di incoraggiarli a esprimersi apertamente e che posseggono un sincero e concreto atteggiamento di ascolto attivo.
È una fase evolutiva sana quella di parlare attraverso i sintomi, come appunto il mal di pancia e/o la nausea per attirare l’attenzione e manifestare disagio. Tuttavia, se il bambino apprende che può richiamare l’attenzione del genitore solo in questo modo, tenderà ad acquisire questa strategia come stabile nel tempo.
Quali sono i campanelli d’allarme che segnalano la necessità di un consulto con uno specialista?
Eccessiva ansia, fobie persistenti e apparentemente immotivate, insonnia, iperattività, rendimento scolastico e capacità di attenzione compromessi sono alcuni dei campanelli di allarme che giustificano un consulto psicologico. Sono importanti anche i riscontri dell’insegnante e del pediatra ai fini di una valutazione globale della situazione.
Da che età e possibile iniziare un percorso con un psicologo infantile? Come viene impostato il primo incontro?
In genere si decide di parlare con uno psicologo infantile quando i genitori rilevano dei comportamenti problematici di difficile gestione dei loro figli. Gli incontri vengono impostati in diversi contesti. Lo psicologo può lavorare in studio con il bambino e la famiglia per una seduta e poi continuare soltanto con il piccolo.
Altre volte, è necessario che lo psicologo intervenga dopo una prolungata osservazione partecipante all’interno del contesto familiare presso il loro domicilio (come può succedere nei casi di disturbi di attenzione e iperattività).
Altre situazione vedono coinvolto l’esperto nella scuola, dove può effettuare interventi nel gruppo classe.
Le tecniche utilizzabili per alcune fobie sono la desensibilizzazione allo stimolo, le tecniche immaginative e la suggestione. Lo psicologo può funzionare anche da tutor per i genitori, aiutandoli a modificare atteggiamenti e comportamenti comunicativi col bambino.
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