Etichettare ha assunto un’accezione piuttosto negativa: dare un’etichetta è sinonimo di generalizzazione, pregiudizio e giudizio superficiale.
Eppure, nei tempi attuali l’etichetta ci permette di conoscere meglio quello che mangiamo e consumiamo: dedicarle un po’ di tempo non guasterà di certo. I primi tempi faremo un po’ di fatica, ma con un po’ di pratica, ci prenderemo la mano e tutto scivolerà liscio come l’olio.
Gli ingredienti sono scritti in ordine decrescente di quantità contenuta: il primo è quello più numeroso, via via vengono presentati gli altri, fino al meno presente.
Non lasciamoci ingannare dagli slogan in bella evidenza: attirano lo sguardo di chi passa velocemente, ma non devono convincere la consumatrice attenta e critica che setaccerà tutte le informazioni presenti sulla confezione.
Leggendo attentamente le etichette scopriremo che, il più delle volte, quelle che vengono chiamate sotto marche sono, in realtà, prodotte da grandi nomi dell’industria alimentare. Se l’olio a marchio supermercato viene prodotto dalla grande azienda olearia, non ci sarà grande differenza fra la bottiglia di marca e quella del supermercato, se non nel prezzo.
Un bel vasetto di olive, così robusto, chissà quanto prodotto conterrà… o no? Per scoprire se si tratta di un affare o meno, diamo sempre un’occhiata al peso sgocciolato: così scopriremo se stiamo comprando sostanza o volume di riempimento.
È scaduto o no? Non sempre la data riportata sulla confezione è tassativamente quella in cui il prodotto non sarà più consumabile: se sulla confezione è riportato il termine “da consumarsi preferibilmente entro il”, vuol dire che il prodotto non necessariamente il giorno X sarà scaduto, ma potrebbe aver alterato solo alcune sue caratteristiche, senza pregiudizio per la salute.
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