Si chiama Antonella, la madre di Hakim che diffonde le sue dure parole alle mamme dei compagni, spiegando che la scuola per un bambino adottato è spesso un luogo di “una sofferenza insostenibile”. Ecco l’appello di una mamma adottiva.
Le dolorose parole della mamma Antonella
“Carissime mamme, mi elimino dal questo gruppo WhatsApp. Me ne libero. Trenta messaggi al giorno, su facezie varie che vanno dalla scelta del colore più idoneo per il nastrino del regalo per la maestra Carla, ai 347 commenti per esprimere preoccupazione per il fatto che la nostra classe sia indietro di “ben” due tabelline rispetto alla C. […] Tanto tempo. Troppo, in rapporto allo zero totale di risposte ai miei tentativi di comprendere perché mio figlio Hakim torna a casa da scuola piangendo un giorno sì e l’altro pure“, così inizia il messaggio di Antonella, la mamma di Hakim, un bambino adottato che viene costantemente emarginato dai suoi compagni.
Hakim è costretto a sentirsi dire che Antonella non è la sua vera mamma e appellativi vari come “l’è negher”. Tutto questo lo costringe a chiudersi in se stesso e a vedere la scuola come un luogo di soprusi.
Antonella si rivolge alle mamme dei compagni di classe spiegando che adesso il figlio Hakim ha cambiato vita e frequenta una nuova scuola, dove spera che venga finalmente accolto ed accettato. La vicenda di Hakim è simile a quella di tanti altri bambini adottati. Frequentare la scuola può essere molto problematico per i bambini stranieri, già profondamente feriti per aver subito l’abbandono.
Emarginazione degli alunni stranieri
Le parole espresse da Antonella sono adesso parte integrante del testo “Cara scuola…“, che racchiude 15 lettere di genitori ed alunni allo scopo di sensibilizzare e far conoscere le problematiche che ruotano attorno al mondo scolastico.
Le lettere mettono in luce il fatto che spesso la scuola rappresenti un “campo di battaglia”, capace di generare sofferenze e disagi che minano profondamente l’autostima dei nostri bambini.
La pubblicazione del volume è stata voluta dall’associazione UFAI (Unione Famiglie Adottive Italiane). Si tratta di un libro che racchiude storie vere, come quella del bambino Sergej, arrivato dalla Bielorussia nel 2013 e che ha subito il rifiuto per la mancata inclusione scolastica.
I ragazzi stranieri sono una risorsa preziosa per la scuola, perché spesso caratterizzati da una spiccata creatività, empatia e propensione alla condivisione. Tutte qualità di cui ha bisogno qualsiasi aggregazione sociale per crescere positivamente.
Il muro di silenzio delle altre mamme
“Peccato! Avrei potuto spiegarvi perché è così arrabbiato a volte e perché lunedì ha strappato il quaderno di Edoardo e dato un calcio a Lorenzo. Avremmo potuto insieme capire perché sulla chat dei nostri figli compaiano frasi inaccettabili come: “torna da dove sei venuto” o ” se la tua vera mamma non ti ha voluto, perché dovremmo volerti noi?” Sì, perché i vostri figli queste cose le dicono. Le dicono. E le scrivono. Vi ho invitato a leggere la chat dei vostri figli. A discutere con loro. Ma mi avete risposto che hanno il diritto alla loro privacy e che proprio no, non si può leggere la loro chat“. Queste le parole che concludono il messaggio di Antonella, costretta a far cambiare scuola ad Hakim per la terza volta.
Il video della settimana