Immaginate di vivere insieme a qualcuno che in confronto a voi:
- sa fare praticamente tutto, dalle cose apparentemente banali a quelle molto più complesse;
- ha una forza decine di volte superiore alla vostra, può prendervi e alzarvi con una sola mano;
- riesce a portarvi in giro guidando veicoli che viaggiano a grande velocità;
- riesce a scrivere e leggere un linguaggio che voi conoscete poco o niente;
- ha una conoscenza delle cose, e del mondo in generale, immensamente superiore al vostro;
- senza di lui non riuscireste a procurarvi il cibo che serve per vivere;
- vi protegge contro ciò che potrebbe farvi del male e, comunque, vi dà sicurezza quando voi avete paura.
Detto così vi sembrerebbe di vivere con un supereroe… pensandoci bene, invece, è la situazione che vivono quotidianamente i nostri figli nel loro rapporto con noi genitori. Rileggete i punti e non potrete che darmi ragione.
Di fronte a una persona del genere, per continuare con l’esempio, qualsiasi sua affermazione non potrà che suonare come una verità assoluta.
Così, sentendosi dire giorno dopo giorno “Sei un pasticcione!” “Sei sempre distratto!” “Come sei spreciso!” “Non sei mai attento!” “Sei un disastro!” chiunque si convincerà “Allora sono così veramente!”
Per questo bisognerebbe sforzarsi di non usare mai quel verbo “essere” che, purtroppo, sembra venirci così naturale, come un imperativo categorico. Perché non è un semplice commento ma una vera e propria etichetta che gli appiccichiamo addosso, che da soli non si toglieranno e sembrerà loro normale essere così.
Sento mia figlia che ogni tanto ripete quello che le diciamo, anche a distanza di tempo. Non è bello sentirle dire “Sono in un modo o in un altro“. Detto da lei sembra quasi una sentenza, nonostante abbia tutta la vita davanti per diventare quello che vorrà, mentre noi ci riferivamo al suo comportamento in un determinato momento. Vuol dire che, anche per lei, detto da noi è sembrato un giudizio definitivo.
Come qualsiasi forma verbale basta prestarci attenzione i primi tempi, ma poi verrà naturale. E’ sufficiente spostare l’attenzione: non sulla persona, in questo caso nostro figlio, ma sul suo comportamento.
Non “Sei il solito disordinato!” ma “Hai lasciato in disordine la stanza”.
Non etichettiamo! Gli inglesi usano lo slogan “Don’t label!”
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