Quando ho scoperto di essere incinta l’unica cosa che mi sono augurata è stata che mio figlio nascesse maschio.
Sia chiaro, io adoro le donne. Adoro il loro entusiasmo, la loro capacità di fare rete, la loro bellezza, la forza di reinventarsi sempre. Sono da sempre stimolo e ispirazione per me. Il problema è che, a causa del mio essere irrisolta e insicura, c’è quel senso di competizione che spesso, quando mi relaziono con altre donne, non lascia spazio al resto.
Sono complessata come una quindicenne, ho dei canoni di bellezza che sono tutti miei e pure un bel po’ sbagliati, mi sono lasciata trasportare da storie impossibili e uomini improbabili per i quali ho perso ogni ragione e ai quali ho concesso delle libertà che si concedono solo quando non ci si ama abbastanza.
Ecco, il mio problema più profondo è che io non mi amo abbastanza e quando ho scoperto di essere incinta mi sono chiesta come avrei mai potuto insegnare ad una figlia femmina quell’autostima che a me manca.
Diventare una mamma di figlia femmina mi ha sempre spaventato, se possibile ancor di più di quanto mi spaventasse diventare madre in generale ma in realtà, col passare del tempo, ho capito che in realtà la responsabilità che abbiamo verso i nostri figli e che ci inchioda ogni volta che riflettiamo sul fatto di essere genitori è esattamente la stessa.
Al di là del sesso siamo obbligati a crescere figli che abbiano basi solide per muoversi nel mondo.
Credo che spesso si faccia l’errore di pensare che una figlia femmina abbia bisogno di un’educazione più ampia che riguarda il suo corpo, ad esempio, e il rapporto che si ha con esso. Come se ad un figlio maschio non andasse insegnato che l’aspetto fisico è solo un aspetto della nostra persona, importante per carità, ma non l’unico del quale ci si deve curare. Che una ragazzina, così come un ragazzino, un po’ sovrappeso non va derisa (o deriso) ma preso per mano e compreso che siamo fatti in modo diverso e che la bellezza non è cartina al tornasole di benessere e appagamento. Non sempre almeno.
A una figlia così come a un figlio va insegnato il rispetto dell’altro, il valore della diversità e quanto sia importante nella vita essere onesti, leali e coerenti, almeno verso se stessi.
Valori universali che c’entrano poco con il sesso e, anzi, andrebbero insegnati ai maschi con ancor più convinzione che alle femmine perché spesso è proprio “per quel piacere agli altri” che non sempre si realizza che ci si butta vita. E non avviene l’accettazione di se stesse. Come si fa ad educare una figlia femmina ad amarsi così come si è se poi sappiamo che sarà destinata a scontrarsi con figli maschi ormai adulti (o sedicenti tali) che punteranno il dito sempre e comunque sui suoi difetti fisici?
Ecco, quello che penso è che non conta avere un figlio maschio o una figlia femmina: quello che conta è la capacità che avremo di insegnare ai nostri figli che c’è bellezza anche (e soprattutto) nei difetti e nelle piccole quotidiane imperfezioni.
Il video della settimana
Sono daccordissimo.
Soprattutto nella società di oggi, dobbiamo insegnare loro i veri valori della vita.