“Parliamo di meningite”? Non è una semplice domanda, ma proprio il titolo di un interessante evento che si è tenuto qualche settimana fa a Milano, presso la sede del Corriere della Sera.
All’incontro sono intervenuti nomi illustri come Carlo Signorelli, professore ordinario di Igiene e Sanità pubblica all’Università di Parma e all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Amelia Vitiello, presidente Comitato Nazionale Contro la Meningite che ha vissuto sulla sua pelle il dramma della perdita di un figlio per la malattia, Roberto Burioni, medico, professore di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e Gian Vincenzo Zuccotti, professore Ordinario di Pediatria, Università degli Studi di Milano, direttore Dipartimento Pediatrico, Ospedale dei Bambini Milano.
Perché ancora oggi, nel 2018, la meningite meningococcica è una patologia che spaventa.
In particolare è il ceppo B ad essere caratterizzato da una evoluzione molto veloce e catastrofica.
A spaventare tanto però, non sono il numero dei casi (circa 200, stabili negli anni) né la contagiosità (ovvero quanto facilmente si possa prendere la malattia) che è considerata tra le più basse, ma il fatto che nel 30% dei casi la malattia possa portare allo sviluppo di altre malattie correlate e che abbia una mortalità del 10% circa.
L’ultimo studio pubblicato, in merito all’infezione da meningococco B ha evidenziato che la fascia di età più colpita è quella dei bambini tra 0 e 5 anni, in particolare modo un elevato numero di decessi, in seguito a questa malattia, sono maggiormente concentrate entro il primo anno di vita del bambino.
Cosa ne pensiamo noi genitori?
Le ricerche (dati a cura di Elma Research) dicono che l’82% dei genitori ritiene la meningite una malattia molto grave, il 68% ne ha paura ma solo il 14% crede che questa patologia possa coinvolgere i propri figli.
Ancora, i dati raccolti ci dicono che la meningite meningococcica è una patologia che spaventa, temuta, che suscita vissuti estremamente negativi a causa del suo esordio improvviso, del rapido manifestarsi delle conseguenze, del suo esito fatale. Una malattia percepita come distruttiva e devastante.
Se il 76% di noi genitori sa che esiste una cura ed è consapevole dei suoi limiti (perché la meningite è una patologia con una evoluzione così veloce che, in una buona parte dei casi, la cura non risulta efficace), solo il 21% sa che esiste un vaccino per prevenire il contagio.
La nostra mente ha più paura di quello che si fa piuttosto di quello che si omette: il vaccino renderebbe le morti per meningite meningococcica di tipo B evitabile.
Perché il vaccino per il meningococco B è diverso?
Mentre il vaccino per il meningococco di tipo C esiste già da molti anni, quello per il tipo B, è molto più recente, questo perché la messa a punto di questo particolare vaccino ha richiesto decenni di ricerche per superare ostacoli che apparivano insormontabili: prima di tutto gli studiosi si sono accorti che non era possibile usare lo stesso metodo utilizzato con gli altri tipi di meningococco, inoltre il batterio di tipo B si è rivelato per sua natura molto mutevole e quindi occorreva anche trovare un modo per rendere il vaccino in grado di proteggere la popolazione dalla maggior parte dei ceppi patogeni.
La rivoluzione è arrivata pochi anni fa, grazie ad una intuizione tutta italiana, attraverso un approccio pionieristico chiamato “vaccinologia inversa”(reverse vaccinology): diversamente dai metodi convenzionali di sviluppo dei vaccini, l’uso della vaccinologia inversa ha permesso agli scienziati di creare un vaccino molto efficace contro i numerosi ceppi esistenti del meningococco B.
Con la vaccinologia inversa, per la prima volta nella storia della medicina, è stato possibile disegnare un vaccino al computer, a tavolino.
È anche importante sapere da questa scoperta all’effettiva commercializzazione del vaccino sono passati 13 anni: questo proprio perché non è semplice rendere il vaccino stabile e sicuro, occorre fare molti test prima di arrivare a proporlo enti regolatori americani ed europei e avere il via libera per la distribuzione alla popolazione.
Il vaccino è considerato estremamente sicuro ed è possibile somministralo sin dai 2 mesi di età ovvero, come già detto, la fascia più vulnerabile all’infezione.
Come funziona la vaccinazione?
Attualmente il vaccino per il meningococco B è offerto in modo totalmente gratuito per tutti i nati dal 2017 in poi, mentre per tutti gli altri è offerto solitamente in co-pagamento, ma dipende da regione a regione.
In Lombardia il ciclo di base del vaccino anti-meningo B prevede tre dosi, ed un richiamo:
- 1° dose Meningococco B a metà del terzo mese di vita, indicativamente 15 giorni dopo la somministrazione della prima dose delle vaccinazioni esavalente+pneumococco
- 2° dose Meningococco B a metà del quarto mese di vita, 30 giorni dopo la somministrazione della prima dose di meningococco B
- 3° dose di Meningococco B ad inizio al quinto/sesto mese di vita, 30 giorni dopo la seconda dose di meningococco
- 4° dose di Meningococco B al 13°-15° mese di vita.
Il vaccino viene somministrato per via intramuscolare, a livello della coscia o del braccio a seconda dell’età.
Per quanto riguarda tutti coloro che non rientrano nella somministrazione gratuita del vaccino e che risiedono nella regione Lombardia, il costo della prestazione per ogni singola dose (composto dal costo del vaccino più il costo di somministrazione) è di € 83,29.
Post in collaborazione con Educom
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