Secondo l’indagine svolta dalla Società italiana di neonatologia (Sin), c’è un dato che risulta essere davvero allarmante: circa 1 bambino su 1000, in Italia, viene abbandonato dopo il parto.
Nello specifico, secondo i dati raccolti dai 70 punti nascita che hanno partecipato alla ricostruzione delle statistiche, il 37,5% delle donne che non riconoscono il figlio sono italiane, e nel 48,2% dei casi hanno un’età compresa tra i 18 e 30 anni.
Questi numeri però potrebbero essere anche sottostimati, perché non sempre i punti nascita inviano i resoconti completi, tuttavia forniscono un quadro abbastanza chiaro su questa situazione.
La creazione del registro nazionale e il progetto “Ninna Ho”
La Società italiana di neonatologia, nel 2021, ha preso la decisione di creare un vero e proprio Registro nazionale che riguardasse i dati di tutti quei bambini non riconosciuti o abbandonati dopo il parto.
In tutto questo, grazie al progetto “Ninna ho”, è stato pubblicato un osservatorio sul fenomeno dei bambini non riconosciuti alla nascita.
Ninna Ho è un progetto realizzato dalla Fondazione Francesca Rava N.P.H e che, dal 2008, si batte per la tutela dell’infanzia abbandonata. Questo tema, infatti, è tornato molto a far discutere specialmente dopo la vicenda che ha interessato una neonata lasciata davanti all’ospedale di Monza, in una scatola di scarpe e coperta da un lenzuolo.
Tali situazioni, stando alla normativa DPR 396/2000, non dovrebbero mai verificarsi in quanto questa legge permette alle future mamme, siano esse italiane o straniere, di partorire in anonimato e dare alla luce il loro bambino in sicurezza presso gli ospedali pubblici.
Purtroppo, a quanto pare, tale possibilità è ancora sconosciuta e quindi, anno dopo anno, continuano ad aumentare i dati di abbandono dei neonati e delle situazioni in cui, le future mamme, decidono di tenere nascosta la loro gravidanza o addirittura arrivano a partorire di nascosto in casa per non dover riconoscere il bambino.
Le altre misure che permettono di non abbandonare i neonati
Grazie sempre all’impegno profuso dal progetto “Ninna ho”, in Italia esistono diverse misure che permettono non solo il parto in anonimato, ma ci sono altri mezzi per evitare che queste anime innocenti vengano gettate nei cassonetti o abbandonati per strada.
Tra queste possibilità, ad esempio, c’è la culla termica, generalmente posizionata in luoghi facilmente raggiungibili, nei pressi degli ospedali o nelle parrocchie e nei conventi.
Si tratta di luoghi sempre aperti al pubblico e di facile accesso : permettono non solo di lasciare il bimbo in pieno anonimato, ma di garantirgli anche la dovuta sicurezza in quanto la struttura che ospita tali culle ha la possibilità di prendere subito in carico il nascituro e garantirgli tutta l’assistenza necessaria.
Le madri che, quindi, prendono la difficile decisione di separarsi dal proprio bambino già dal momento in cui viene alla luce, possono avvalersi di queste iniziative che ricordano vagamente le ruote degli esposti di epoca medioevale e che, ovviamente, hanno ricevuto gli adeguati adattamenti tecnologici.
Lo sforzo lodevole di questa associazione, però, non va confuso come una sorta di incentivo all’abbandono dei neonati; al contrario, si vuole fornire l’informazione necessaria per permettere di andare incontro a quei genitori che, per le motivazioni più disparate, non possono prendersi cura del loro bambino e quindi devono sapere che esistono strade più sicure rispetto all’abbandono per strada.
Abbandono dei neonati: 35 casi in un anno in Sicilia
Dati allarmanti circa gli abbandoni di neonati si registrano in Sicilia, che ha contato ben 35 casi in un anno.
A tal proposito, ha fatto molto scalpore l’abbandono di un neonato, chiuso in un sacchetto di plastica, e lasciato in una strada sterrata a Paceco, in provincia di Trapani.
Per fortuna, la tragedia è stata evitata per tempo dai carabinieri che hanno subito portato il piccolo in ospedale dove, ad oggi, non è più in pericolo di vita.
Quest’ultimo episodio, dunque, ha sollevato molte polemiche, gran parte delle quali si concentrano sul fatto che c’è una forte mancanza di educazione sessuale nelle scuole e carenza di consultori che siano forniti della pillola Ru486 e di ogni altro mezzo necessario per garantire assistenza ai futuri genitori.
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