“Mio figlio è un playboy, non stupra. Le ragazze fanno sesso, poi capiscono con chi”. “Dopo averlo interrogato a lungo, ho la certezza che mio figlio non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante”.
Forse non vi suoneranno nuove queste dichiarazioni, esse ruotano attorno alla presunta violenza sessuale, a danno di una ragazza di circa 20 anni, da parte di due coetanei. Così ci raccontano i giornali di questi giorni.
Senza scomodare virgolettati dal sapore discutibile, potremmo elencare tutte le violenze sessuali, consumate o tentate, degli ultimi mesi. Ragazze spesso sole, per strada, in discoteca, a pochi passi dal proprio portone, dalla propria auto, dalla fermata del tram.
Se volessimo aggiungere altro alla pittoresca cloaca di queste orrende faccende, potremmo parlare dei famosi mancati dieci secondi di mano morta, che avrebbero potuto fare la differenza in una storia di molestie sessuali che ricorda un fetido film di Pierino. La trama è banale quanto stantia: una studentessa viene paleggiata da un collaboratore scolastico, ma per un lasso di tempo troppo breve, per essere, anch’esso, un atto penalmente rilevante.
Uomini e donne che non rispettano le donne
La fotografia della cronaca è chiara: troppi uomini, anche giovanissimi abusano di ragazze in situazioni di fragilità, debolezza ( perché sono sole per strada; perché sono sole contro il branco; perché sono “fatte”, come ci ha voluto ricordare un noto professionista).
Ragazzi minorenni che si organizzano, a ridosso della notte di Capodanno, per una festa che causerà almeno due vittime, di solo dodici anni. Dodici anni. Bambine. A denunciali la madre di uno degli aggressori, che ha scoperto i video degli abusi sessuali su una chat nel telefono del ragazzo, appena quattordicenne.
Poco più che bambini, a volte uomini maturi, che ci odiano, che ci trattano come oggetti di potere, non di piacere. Persone disumane che, forti di una società nella quale si fatica a riconoscere l’importanza del nostro consenso, quanto della nostra libertà di scelta e di azione, rimangono impuniti fino all’ultimo grado giudizio. Del tribunale dell’uomo, dell’ultimo maschio sulla terra.
La fotografia della società è altrettanto chiara. Noi donne, noi femmine, siamo sempre colpevoli, fino a prova contraria. Un sottosopra giuridico senza alcuna fondatezza logica, ragionevole se non, nuovamente, strumentale all’istinto del branco.
E non è necessario parlare delle cronache, delle tragedie, ma basta ascoltare molti genitori davanti alle scuole, ai parchetti.
“Hai visto come si vestono le ragazze di oggi”, “Vabbè, ma era drogata”, ” Sì, ma l’ha provocato”, ” Non può mica cambiare idea alla fine”, ” Figurati se una ragazza non abbia la forza di opporsi”.
Schiere di genitori anagraficamente giovani, ma assai vicini ad un pensiero medioevale sulla condizione femminile, che parlano davanti ai propri figli, in questo modo, istillando l’idea che i maschi tutto possono, e alle femmine tutto è interdetto.
Qualche giorno fa, due giornalisti Rai sono stati richiamati per le frasi sessiste e razziste, pronunciate durante la gare di nuoto femminile. Parole orribili, misere.
Di fronte a tutto questo, nessuno ancora si domanda se in Italia stiamo vivendo un’emergenza.
Troppe violenze, troppe molestie. Troppi giudizi barbari, offese, ingiurie, da cantante trap che, guarda caso, ha come bersaglio le donne, in quanto essere liberi.
Se non ci fa rabbia tutto questo, se non ci smuove qualcosa dentro, chi ci difenderà? Chi difenderà le nostre figlie dalla violenza e i nostri figli dalla mancanza di amore, rispetto, empatia, umanità?
Nessuno si salva
L’urgenza, a mio parere, da donna e da madre, è al limite e va affrontata su più fronti contemporaneamente.
Noi genitori abbiamo una grande responsabilità. Dobbiamo cercare il dialogo, con i figli su questi temi, ad ogni costo. Non dobbiamo rimandare o delegare. Dobbiamo cercare di guidarli in un mondo in cui il giusto e lo sbagliato sono lampanti eppure si mischiano, in modo che la vittima diventi il colpevole e viceversa.
Noi genitori dobbiamo evitare di fare commenti su come si vestono le compagne di scuola dei nostri figli, su dove vanno o con chi vanno. Basta fare i conti sulle loro relazioni, a tirare le somme con un pallottoliere morale che non ci appartiene!
Assurdo doverlo ribadire ancora e ancora, ma stiamo tornando indietro in una folla corsa in retromarcia verso un passato che credevamo ormai dimenticato.
Dobbiamo mostrare empatia, comprensione, solidarietà, rispetto verso gli altri e verso se stessi. Ragazzi e ragazze.
Senza rispetto, nessuno è al sicuro
Se siamo manchevoli di questo minimo sindacale, siamo colpevoli quanto loro, anche se non perseguibili, per i loro gesti. Lì dove siamo stati noi a mettere il seme dell’odio, dell’indifferenza, del disprezzo.
La nostra è una battaglia dura, durissima, in questa pandemia di mancanza di rispetto ed empatia, non possiamo fare tutto da soli, certo. È necessaria una rivoluzione culturale, come anche giuridica, ma se non cominciamo noi, nessuno si salverà.
Perché nessuno è al sicuro e nessuno si salva, in un modo così. Penalmente rilevante o meno. Il codice è l’ultima cosa che conta sulle ferite dei ragazzi, delle ragazze e delle loro famiglie.
In fondo, l’anello di congiunzione del branco e della società malata è nella prima dichiarazione di apertura di questa lunga riflessione. È in quella parola: playboy. Una parola che ancora qualifica un ragazzo, un uomo, per conquiste “consensuali” mentre, diametralmente opposta, ma non scritta nero su bianco, c’è quella che qualifica colei che si permette di fare sesso con chi vuole. Come vomitano i trapper ed ancora troppi genitori.
In quelle parole, siamo tutti e tutte prede e bersagli.
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