Restare incinta ha stravolto il mio ecosistema. E per ecosistema non intendo solo quello del mio corpo, ma tutto quello che c’era fuori e dentro di me. Ancora oggi, a otto quasi nove anni di distanza, se ripenso al mio percorso e mi analizzo so che a mandare in tilt cervello e cuore davvero, per la prima volta è stato mio figlio.
Non c’è niente di strano, direte voi e in effetti vedendomi adesso più o meno centrata anche nel mio ruolo di madre non c’è effettivamente niente di strano.
Ma allora, mi chiedo, perché proprio quando avevo più bisogno di sentirmi capita, quando ero solo una neo mamma impaurita e insicura, tutto intorno a me mi faceva sentire sbagliata e fuori fuoco?
La verità è che la maternità è ancora oggi qualcosa che viene vissuto come affare collettivo, come se davvero procreare fosse appannaggio della comunità. Fare un figlio è tante cose, ma sempre e comunque legate a scelte personali che non possono essere messe in discussione da nessuno.
Non c’è un modo più giusto di un altro di essere genitore, non c’è un percorso prestabilito, non esiste una regola scritta perché la genitorialità è una relazione e in quanto tale non può essere assoggettata a schemi.
Non c’è niente che si possa fare per mettersi al riparo dagli sbagli con i propri figli, pertanto non permettete a nessuno di farvi sentire sbagliate!
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