Quante volte avete pensato o detto questa frase? “Io non sarò mai come mia madre e mio padre, mai come i miei genitori“. Durante l’adolescenza l’ho urlata talmente forte, con così tanta convinzione, da averne quasi paura.
Poi, per un lungo periodo me ne sono dimenticata anche perché, diciamoci la verità, il periodo migliore per fare i figli è quel lasso di tempo che va dall’uscita dall’adolescenza a quando si diventa genitori a nostra volta e io, in quel periodo ho pensato a fare la figlia e basta. Quindi, l’ho messo via quel pensiero, anche perché davvero non pensavo sarei mai diventata madre.
Quando è successo, ci ho messo un po’ ad adattare la mia vita, e soprattutto i miei pensieri, alla genitorialità: nei primi anni di vita di mio figlio è stato tutto talmente veloce e complicato che non mi sono mai fermata davvero per chiedermi che tipo di madre volessi (o sapessi) essere.
Poi, l’altro giorno mi sono trasformata, all’improvviso, in mia madre comportandomi con mio figlio in un modo che non mi piace, facendolo sentire in colpa per qualcosa che, essendo un bambino, non può né capire né evitare. L’ho fatto e subito mi sono resa conta di quello che stavo facendo, ma non l’ho evitato quasi come se non conoscessi altra via.
Che è in parte quello che penso. Introiettiamo un modello, che è quello dei nostri genitori: a volte lo giudichiamo perfetto, a volte sbagliato ma difficilmente, senza sforzi e sacrifici, saremo portati a fare diversamente. Come inclinazione, intendo.
Però, se pensiamo di non voler essere quel genitore lì, giusto o sbagliato non sta a me dirlo perché il giusto e lo sbagliato in assoluto quando si parla di figli non esiste, si può tornare suoi nostri passi. E la prossima volta, fermarsi un attimo prima.
Io ho chiesto scusa a mio figlio, ora devo perdonarmi io.
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