L’alternativa all’ora di religione a scuola per i bambini è spesso un concetto astratto che non trova, purtroppo, riscontro nella realtà.
Vediamo perché questo diritto stabilito nel lontano 1984 fa ancora fatica ad essere riconosciuto in tante scuole italiane.
L’origine dell’insegnamento della religione cattolica a scuola
L’insegnamento della religione cattolica – IRC – affonda le proprie radici nei Patti Lateranensi, entrati in vigore nel 1929. Inizialmente il programma didattico prevedeva l’obbligatorietà dell’insegnamento dell’IRC distribuito con tempi diversi a seconda del ciclo scolastico: un’ora e mezza per la scuola materna, due ore per la scuola primaria, e un’ora nella secondaria di primo grado e secondo grado.
Nel 1984, la revisione del Concordato tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica, stabilisce anche la possibilità di avvalersi della scelta di non frequentare l’insegnamento della religione cattolica.
Un giusto ideale che, purtroppo nella pratica rimane tale.
Ora alternativa alla religione nella scuola pubblica
La scelta viene effettuata, da genitori e alunni, al momento dell’iscrizione al nuovo anno scolastico. Alcuni istituti permettono anche di “cambiare idea” durante l’anno, mentre per altri la scelta è irrevocabile fino all’inizio dell’anno scolastico successivo.
In un secondo momento, una volta che la domanda di iscrizione alla scuola viene accettata, ai genitori viene inoltrato un altro modulo (il modulo C per le attività alternative): in questo modulo si chiede di esprimere una preferenza sulle attività alternative disponibili. Solitamente le possibili scelte sono le seguenti:
- attività didattiche e formative
- attività di studio e/o ricerca individuali con assistenza di personale docente
- libera attività di studio e/o ricerca individuali senza assistenza di personale docente (solo per gli studenti delle secondarie di secondo grado)
- non frequenza della scuola nelle ore di insegnamento della religione cattolica (uscita)
Ma purtroppo gli istituti scolastici trovano spesso difficoltà a offrire reali alternative all’ora di religione che non siano l’uscita anticipata o la mera frequenza in un’altra classe, anche per mancanza di fondi: queste sono le effettive alternative che hanno la maggior parte dei genitori.
Alcuni genitori hanno anche riportato le “pressioni” ricevute dagli insegnanti per riconsiderare la scelta dell’ora alternativa.
Rispetto per il diritto dei genitori: le testimonianze
Quindi se un diritto dell’alunno stabilito per legge dovrebbe essere sempre rispettato, nella realtà abbiamo da un lato pochi istituti che si attivano per rispettare una scelta culturale diversa e dall’altro scuole che promuovono l’IRC o l’uscita da scuola come uniche possibilità.
Le esperienze riportate dai genitori dipingono una situazione che non offre la possibilità di esercitare liberamente un diritto di genitori e bambini ma che, anzi, impone scelte comandate.
Barbara, mamma di Enea 7 anni, racconta la storia di un bimbo figlio di due genitori di cui uno ateo e un musulmano:
Alla scuola materna ho scelto di non avvalermi della lezione di religione cattolica in quanto io sono atea e mio marito musulmano. Anche quando nostro figlio ha iniziato la scuola primaria quindi, la scelta è stata la stessa. Dopo qualche mese però, mi sono accorta che non c’era nessuna attività organizzata, al contrario di quello che accadeva alla scuola materna.
A volte il bambino seguiva una lezione qualsiasi nella classe V sedendosi al fondo dell’aula, mentre più frequentemente trascorreva le due ore nell’atrio a giocare con il bidello. Di fronte a questa situazione, per evitare di scontrarmi con il dirigente e le maestre, ho chiesto di cambiare la nostra preferenza e iscriverlo alla lezione di religione. Posso però dire apertamente che la scuola non è stata in grado di garantire un nostro diritto.
Racconti simili anche durante la pandemia da Covid: molti genitori che avevano inizialmente scelto di non far frequentare l’IRC ai figli, si sono visti “caldamente consigliare” di riconsiderare la scelta, per via delle ricadute sanitarie: i bambini non frequentanti l’ora di religione venivano semplicemente spostati in un’altra aula, vanificando così tutte le precauzioni sanitarie per limitare i contagi.
Cosa fare se la scuola non dà la possibilità di avere l’ora alternativa alla religione cattolica
L’Attività alternativa dovrebbe essere obbligatoriamente presente in tutte le scuole: non solo perché stabilito dalla legge (Legge 121 del 25/03/1985 art. 9 punto 2, C.M. 316 del 28/10/1987), ma anche per via di alcune sentenze che hanno ribadito il dovere delle scuole di organizzare attività alternative (sentenza 15 novembre 2010, n. 33433 TAR del Lazio e sentenza n. 2749 del 16 marzo 2010 del Consiglio di Stato).
Nel nostro paese però, non è sempre garantito il diritto di avere attività alternative valide: è un fatto che i genitori si trovino spesso davanti a scelte obbligate, oltre che a ricevere spesso ostracismo da parte degli stessi insegnanti, qualora si organizzino corsi alternativi che però rischiano di discriminare chi frequenta l’IRC.
E infatti, durante l’ora di alternativa non dovrebbe essere possibile svolgere il programma di una materia curricolare, oppure di potenziamento, poiché ciò porterebbe a una discriminazione per coloro che frequentano l’IRC. Infatti l’opzione spesso più adottata dalle scuole, e cioè di seguire la lezione in un altra classe, non dovrebbe essere consentita… eppure è così che le scuole mettono una toppa a questa grave lacuna.
Durante l’ora di alternativa, secondo la Circolare ministeriale n. 131 del 3 maggio 1986, “Le attività culturali e di studio devono concorrere al processo formativo della personalità degli studenti”. Vale a dire dei progetti formativi, inseriti nel PTOF che possono sviscerare vari “temi come ecologia, intercultura, solidarietà, amicizia etc, anche attraverso l’utilizzo di strumenti non convenzionali“.
Nel caso in cui la scuola non dovesse attivare un percorso di alternativa come descritto sopra, i genitori possono inoltrare al Dirigente Scolastico un modulo pre-compilato di diffida per richiedere l’attivazione dell’attività di alternativa (messo a disposizione dall’UAAR) con riferimento alla normativa vigente. In questo caso, la scuola sarà costretta ad attivare una reale offerta che preveda l’impegno degli alunni in modo costruttivo.
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