Fin dall’inizio ho raccontato la mia maternità senza troppi filtri. Ho sempre scritto che la parte che mi pesava di più, quella che proprio faccio fatica a digerire, è quella che ha a che fare con le responsabilità e con l’impossibilità di staccare la spina, quando non ce la si fa più.
È sempre stata la mia verità, che ho raccontato perché piano piano ho capito che c’erano tante altre donne che avevano bisogno di sentirsi meno sole e sbagliate nel loro essere madri ma anche (e ancora) donne.
Sono passati otto anni e quello che è certo è che in questo ruolo io mi muovo molto meglio: mi sento quasi a mio agio, forse perché vedo lontani i tempi dell’accudimento che hanno lasciato posto ad una relazione tra due persone: una di trentotto anni e l’altra di otto.
Sono passati otto anni e sono cambiate tante, tantissime cose, ma quello che resta, a distanza di tempo, al netto dell’amore che provo per mio figlio è che la parte che preferisco di essere genitore è quando mio figlio parte per le vacanze.
E tra le cose che sono cambiate ce n’è una che a me sembra fondamentale e di estrema importanza: penso esattamente le stesse cose di qualche anno fa, ma ora pensarle non mi fa più sentire in colpa.
Non mi sento più una madre sbagliata solo perché mio figlio non mi manca quando è lontano. Sta bene, si diverte, io sto bene, mi diverto: tanto basta per farmi sentire una normalissima madre normale!
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