E’ importantissimo premettere, come tutti ben sanno, che non esiste una ricetta per diventare buoni genitori, o addirittura genitori perfetti, altrimenti non sarebbe così arduo il compito che viene assegnato alla mamma e al papà ogni volta che una nuova creatura viene al mondo.
Ciò che invece esiste sono le correnti di pensiero che indicano, di tanto in tanto, le linee guida, diciamo così, per non fallire nella missione. Guardando la realtà degli ultimi anni, pur non essendo mamma, mi accorgo di quanto le amiche, gli amici ed i parenti genitori siano spasmodicamente impegnati nel reinventare ogni giorno le attività da fare con il proprio figlio per rendere tutti gli istanti magici e diversi dagli altri.
Il “dovere” organizzare sempre il tempo libero dei figli
Una forza ed una volontà uniche che non posso far altro che apprezzare, ma che mi fanno anche pensare. Nella maggior parte dei casi, infatti, a miei occhi la condivisione di questo tempo con i propri figli diventa carica di stress e di tensione, come un performer sul palcoscenico con i fari puntati. La linea sottile che scorre tra la volontà naturale di amare con fantasia i piccoli, e il “dovere” di farlo perché è così che i buoni genitori fanno è molto sottile e spesso può rendere i secondi, i minuti e le ore trascorse insieme molto diverse, dal sapore completamente opposto.
Oggi e ieri
Se ripenso alla mia infanzia, che considero serena, ricordo che erano molti i momenti in cui mi trovavo a giocare da sola, nella mia cameretta o sul tappeto persiano del salotto, magari guardando mia nonna che preparava il pranzo e che con il rumore del mestolo nella pentola accompagnava la mia scoperta autonoma delle cose. Se mi guardo intorno tutto questo lo vedo molto meno: i tempi sono sicuramente cambiati, i libretti da colorare per intrattenere i bambini nei ristoranti si sono trasformati in smartphone, così come i tappeti persiani dei salotti, quelli un po’ impolverati dove giocavo anche io e su cui i genitori sussurravano quel “non ti preoccupare, si fanno gli anticorpi”, si sono tramutati in morbidi, colorati e atossici pezzi di puzzle giganti dove poter gattonare e giocare ma “senza uscire fuori dal bordo”.
Non so cosa sia giusto, non so cosa sia sbagliato e soprattutto non l’ho ancora sperimentato in prima persona: quello che però so è che quel modo più naturale di essere genitori, come hanno visto i miei occhi di bambina, mi fa battere forte il cuore.
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