Nonostante le numerose campagne di promozione dell’allattamento al seno, i diversi gruppi di sostegno sia reali che virtuali, e nonostante gli incentivi dell’OMS e del Ministero della salute, i dati raccolti da un recente report sull’allattamento al seno in Italia sono a dir poco vergognosi. Una mamma su due rinuncia all’allattamento naturale. Ma perché? Perché, sempre secondo i dati del report, non solo le strutture sanitarie dove le donne danno alla luce i propri bambini non si impegnano a promuovere l’allattamento al seno, ma in molti casi non sarebbero nemmeno in grado di gestire la situazione.
Questo, in buona sostanza, significa che quando una donna partorisce dovrà appellarsi al suo santo protettore, o meglio, chiamare una consulente, volontaria o a pagamento, perché la struttura ospedaliera non sarà in grado di aiutarla ad avviare l’allattamento.
Su 220 strutture, solo 23 hanno una politica di maternità baby friendly. In realtà sarebbe anche semplice esserlo, devono soltanto lasciare che il bambino stia a contatto con la mamma appena nato per almeno un’ora, poi non vanno somministrati al bambino liquidi che non siano il latte del seno della mamma. In molti ospedali invece dopo il calo fisiologico la tendenza è quella di fare pressione sulle neo-mamme, confondendole e dando deliberatamente ciucci e glucosate al bambino.
Sono il 20% delle strutture di Basilicata, Sardegna, Liguria, Calabria, Abruzzo, Sicilia, Umbria e Molise a non fornire dati importanti per il Ministero della Salute per stilare una mappa della situazione del Paese. I dati di monitoraggio quindi non sono certo esaustivi, ma quelli fin’ora in possesso non lasciano ben sperare. Sono i medici stessi a denunciare comportamenti inadatti, come la mancata applicazione del protocollo assistenziale per favorire l’allattamento al seno. E così la mamma finisce per convincersi che il latte non c’era, o che non basta, perdendo il proprio diritto ad allattare in modo naturale e perdendo un’occasione unica per donare un prezioso alimento al proprio bambino.
Per rimediare a questa vergognosa situazione il Ministero della Salute ha in programma di elargire incentivi mirati alla promozione dell’allattamento al seno. In pratica i manager dovranno raggiungere alcuni obiettivi, cosa che se accadrà comporterà un compenso nella bustapaga. Che il numero delle mamme che allattano debba aumentare come il tasso di tagli cesarei?
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Anche io ho fatto tc d’urgenza e allattato, con difficoltà iniziale, ma ho allattato, anzi, allatto da 34 mesi. Qui però si parla di dati statistici, documentati, non di casi personali singoli, ben venga sentire queste notizie perché purtroppo di solito, e ti dico in linea sempre molto generale, dopo un cesareo si tende a portare il bambino ala madre minimo 2 ore dopo l’intervento, in molti casi diverse ore dopo, e questo non facilita l’avvio dell’allattamento. Ho saputo invece di alcuni ospedali dove il bambino viene subito dato alla mamma per attaccarsi mentre si conclude l’intervento. Speriamo le cose cambino.
Non sono d’accordo sul discorso dei tagli cesarei e dell’allattamento: io ne ho fatti due, ho allattato tutti e due i figli per 16 mesi, e della seconda, nata a 37 settimane, ho cominciato ad avere il latte ancora prima di fare l’operazione…