Si dice spesso che “ogni bambino è a sé”, eppure ci sono tappe nello sviluppo che vanno monitorate: ne abbiamo parlato con la Dottoressa Francesca Camia, neuropsichiatra infantile di MioDottore.
Quali sono i fattori che influenzano lo sviluppo di un bambino? Sono di natura genetica o legati all’ambiente?
Lo sviluppo psicomotorio, cognitivo ed emotivo del bambino sono il risultato di un’interazione tra diversi fattori. Ai fattori genetici costituzionali si associano e si intrecciano fattori ambientali che possono modulare l’espressione del patrimonio genetico.
Alcuni elementi esterni esercitano infatti un’influenza sulla traiettoria di sviluppo del bimbo soprattutto nei primi anni di vita, come ad esempio l’andamento della gravidanza e del parto, l’esposizione a infezioni, la formazione di relazioni precoci positive e sicure e la crescita in un ambiente stimolante.
Ritardo dello sviluppo e patologia: quali sono le differenze?
Quando si parla di “ritardo dello sviluppo” ci si riferisce genericamente al non raggiungimento di tappe cruciali dello sviluppo nei tempi previsti.
La definizione racchiude quindi uno spettro di situazioni anche molto diverse tra loro, da condizioni transitorie, limitate e non preoccupanti a condizioni patologiche globali e croniche che permarranno nel corso della vita del bambino.
Il confine tra ritardo transitorio e patologia non è sempre e immediatamente definibile ed è legato al grado di compromissione, alla possibilità di recuperare il ritardo nel tempo e alla presenza di altri sintomi associati che possono complicare il quadro generale.
Sviluppo motorio e sviluppo del linguaggio: è vero che se un bambino è più “avanti” in una delle due sfere potrebbe “lasciare un po’ indietro” l’altra? Quando c’è da preoccuparsi?
Ognuno presenta una propria traiettoria di sviluppo e alcune aree possono fisiologicamente svilupparsi prima o meglio di altre secondo le inclinazioni del bambino, senza che questo costituisca di per sé una condizione di allarme.
Una maturazione però estremamente disarmonica di alcune funzioni a discapito di altre potrebbe essere indizio di una problematica specifica ed essere quindi meritevole di approfondimento (come ad esempio un ritardo del linguaggio legato a sordità o ritardo nella deambulazione legato a una problematica neuromuscolare).
Ogni bambino ha i suoi tempi, ma quali sono i campanelli di allarme nelle diverse fasce di età che potrebbero indicare la necessità di rivolgersi a uno specialista?
Il bambino è da osservare nella sua globalità, è sempre importante infatti valutare il grado di compromissione dello sviluppo (motorio, cognitivo, del linguaggio e della comunicazione, relazionale) e se il ritardo in una particolare area si associ o meno a difficoltà in altri campi.
Nei primi mesi di vita è importante che il bimbo mostri reattività ai suoni e alla voce dei genitori, muova gambe e braccia, inizi a sorridere e a controllare gradualmente il capo.
Successivamente compaiono vocalizzi e lallazione, un interesse per l’ambiente circostante, l’afferramento e la manipolazione degli oggetti, il bimbo impara a stare seduto da solo con sempre maggior possibilità di esplorare e interagire con l’ambiente e le persone.
Il raggiungimento della deambulazione autonoma avviene normalmente entro i 18 mesi, preceduto (ma non sempre) dal gattonamento e dai primi passi fatti sostenendosi ai mobili e alle sbarre del lettino.
Le prime parole possono comparire intorno all’anno di età, spesso poco comprensibili e utilizzate per indicare diverse cose, ma lo sviluppo successivo del linguaggio con ampliamento del vocabolario e associazione di più parole può avvenire in maniera estremamente variabile nei primi 3 anni di vita, associandosi allo sviluppo di abilità comunicative non verbali come la gestualità e l’uso dell’indicazione e dello sguardo.
Ognuna delle tappe ha una sua finestra di acquisizione più o meno ampia e il compito cruciale di monitorare questi aspetti è del pediatra che, in occasione dei bilanci di crescita, attraverso domande ai genitori, esame obiettivo e stimolazioni sensoriali, relazionali e di gioco (ad esempio con campanelle, luci e cubetti), valuterà il grado di sviluppo complessivo del piccolo paziente ed eventualmente guiderà i genitori verso approfondimenti e visite specialistiche, se necessario.
Come avviene una visita e come si esegue la diagnosi di ritardo nello sviluppo?
La visita specialistica segue di norma a un invio da parte del pediatra che riconosce un rallentamento nel processo di sviluppo psicomotorio. La valutazione neuropsichiatrica si basa su un’attenta intervista riguardante il bimbo dalla gravidanza al momento della visita, compresa la possibile familiarità per ritardi dello sviluppo.
A questo si associa un’osservazione clinica del comportamento spontaneo, della relazione e del gioco e un esame neurologico volto a evidenziare eventuali segni di lesione a carico del sistema nervoso. Per una corretta definizione diagnostica sarà necessario poi quantificare il ritardo attraverso la somministrazione di test standardizzati e questionari specifici e coinvolgere altre figure professionali che aiutino a delineare il quadro globale (es. genetista, neuroradiologo, oculista, audiologo etc).
Qualora venisse riscontrato un ritardo, quali sono gli strumenti messi in atto dallo specialista per curarlo?
La parola d’ordine è il lavoro di squadra. Alla famiglia vanno forniti diversi strumenti terapeutici con trattamenti integrati e coordinati, rivolti al bimbo, ma anche ai genitori che ne seguono passo passo i progressi e ad altre eventuali figure di riferimento (come ad esempio maestre ed educatrici dell’asilo).
Neuropsicomotricità, logopedia, fisioterapia, parent training, intervento pedagogico sono esempi di interventi che possono essere proposti per il trattamento di un ritardo dello sviluppo in correlazione all’età in cui si avvia il trattamento e ai bisogni specifici del singolo bambino.
Quali sono le principali patologie che si riscontrano nell’età dello sviluppo?
Le patologie più frequenti legate alla difficoltà dello sviluppo sono la forte prematurità, la sindrome feto-alcolica, le sindromi genetiche (es. Sindrome di Down, Sindrome dell’X-fragile), i deficit sensoriali di vista e udito, le paralisi cerebrali infantili e l’epilessia.
A questi si affiancano i disturbi del neurosviluppo, come i disturbi del linguaggio, i disturbi dello spettro autistico, la disprassia (disturbi del movimento) e il disturbo da deficit di attenzione/iperattività.
Quanto è importante agire tempestivamente?
Riconoscere precocemente le difficoltà del bambino e avviare un trattamento tempestivo sono elementi molto importanti nel percorso terapeutico. La tempestività permette di agire in un’epoca di maggior plasticità cerebrale, cioè quando il bambino è più ricettivo e quindi più capace di recupero funzionale. Inoltre, in una fase precoce è possibile prevenire il consolidamento di problematiche emotive dovute alla difficoltà di interazione con il mondo circostante.
Spesso i genitori provano ancora un senso di vergogna nel parlare dei problemi dei loro bambini e c’è ancora una certa reticenza a rivolgersi alle figure professionali di competenza: quale messaggio vorrebbe mandare alle famiglie?
Fidatevi del vostro istinto. Non è sempre facile riconoscere apertamente le difficoltà del proprio bimbo, tra preoccupazioni per il futuro, senso di inadeguatezza e paura dello stigma, ma se avete un dubbio, non cercate di sminuirlo o giustificarlo, ma rivolgetevi a un pediatra di fiducia.
Individuare prontamente il problema è infatti la via più efficace per guidare al meglio il vostro bimbo e sostenere la famiglia nel percorso di crescita e di recupero funzionale.
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