Presto in arrivo sulle nostre tavole nuovi alimenti, compreso il grano, per le tante persone affette da celiachia, soprattutto bambini. È stato infatti messo a punto uno studio (rigorosamente italiano) che presto permetterà di lavorare le farine estraendone le componenti dannose per i celiaci.
Questo grano “gluten free” nasce dal lavoro e dalla passione di due scienziate italiane, Virna Cerne e Ombretta Polenghi. Le due scienziate hanno scoperto come estrarre dal grano proteine simili a quelle del glutine e come utilizzarle in sostituzione ai chicchi tradizionali. Dall’isolamento delle proteine in laboratorio nascerebbero pasta, pane e prodotti da forno gluten free, con la stessa consistenza, fragranza e sapore dell’originale.
Tante possibilità in più per i bambini celiaci
Da questa innovazione, la ricerca italiana ha preso spunto per migliorare la qualità di vita dei celiaci iniziando una nuova ricerca. Un gruppo di ricercatori dell’ISA (Istituto di Scienze dell’Alimentazione) del CNR di Avellino ha, infatti, messo a punto un metodo scientifico innovativo che consentirebbe di elaborare la farina, nascondendo all’organismo le tossine del glutine ed evitando così la reazione infiammatoria.
La scoperta del gruppo del CNR consiste in un trattamento enzimatico effettuabile direttamente sulle farine o semole di grano in grado di mascherare gli elementi tossici del glutine. In questo modo il glutine non verrebbe individuato dai linfociti, le cellule del sangue responsabili dell’infiammazione. Non ci sarebbero differenze sostanziali con la normale farina.
I celiaci in Italia
Si stima che 1 su 100 in Europa e Stati Uniti sono intolleranti al glutine. La fonte più attendibile sulla celiachia nel nostro Paese, l’AIC (Associazione Italiana Celiachia), nel 2013 ha stimato che in Italia i celiaci diagnosticati sono 150 mila su un totale di circa 600 mila persone potenzialmente intolleranti al glutine (1% della popolazione).
Motivo di orgoglio è per certo questa scoperta delle due scienziate che potrebbe segnare un punto di svolta nel’alimentazione di chi soffre di questa antipatica intolleranza, spesso davvero invalidante.
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