L’organizzazione ministeriale delle attività di sostegno previste per i bambini affetti da disabilità verte, da tempo, in condizioni pessime.
Dalle colonne di “La Repubblica” è arrivato lo sfogo di una voce fra tante, quella del papà di Giovanni: 13 anni, affetto da autismo.
L’uomo ha indicato l’annuale turnover degli insegnanti di sostegno come uno dei maggiori responsabili dei ciclici regressi d’apprendimento che colpiscono i ragazzi con deficit che invece, più di altri, avrebbero bisogno di continuità formativa. E mentre il governo aggiunge promesse alle tante già depositate, le prospettive future non sembrano rosee.
Il sostegno: una questione di fiducia
L’attività di sostegno indica un percorso formativo intrapreso da un insegnante specializzato, nei confronti di uno studente con disabilità (cognitive, fisiche o comportamentali). Prevede un progetto specifico e monitoraggio continuo; richiede competenze tecniche e doti personali specifiche.
Le fasi iniziali sono, di solito, le più difficili, poiché molti bambini dimostrano ritrosia nell’affidarsi a una persona sconosciuta. Molto spesso, inoltre, presentano fobie e fissazioni, nei confronti delle quali l’insegnante deve imparare immediatamente a rapportarsi. Una volta conquistata la fiducia dello studente, quest’ultimo tende a effettuare una specie di transfert emotivo sul proprio docente che agevola il percorso d’apprendimento.
Qualsiasi, inaspettata alterazione del rapporto docente-alunno può essere responsabile di gravi turbamenti, che rischiano di inficiare i progressi ottenuti. È questo, fondamentalmente, ciò che accade ogni settembre, nelle scuole.
Ciascuna disabilità è diversa: le specializzazioni che mancano e le promesse del governo
Il governo italiano ha rinnovato la promessa di maggiore continuità, proponendo di stabilizzare per un intero ciclo scolastico i docenti di sostegno. Pur rappresentando un’importante conquista, non sarebbe sufficiente: ora più che mai, si rende necessario investire anche sulla formazione del personale interno, mettendo la scuola nelle condizioni di agevolare concretamente le famiglie, rispondendo alle reali esigenze degli studenti, permettendo agli insegnati di offrire un servizio qualitativamente migliore.
Il papà di Giovanni
“È accaduto che per compensare a questa mancanza di preparazione, abbiamo messo di tasca nostra delle figure private che una volta a settimana andavano a scuola a fare una sorta di training nei confronti degli insegnanti. Dato che ogni anno l’insegnante di sostegno cambiava, è stata solo una perdita di soldi”
Il video della settimana